L’Italia frana, la Protezione Civile sbaglia i bandi

di Stefano Sansonetti

Un maxiappalto di Stato che tutti, almeno sulla carta, dovrebbero augurarsi di non vedere mai assegnato. Certo, quando si scopre che sul piatto potrebbero esserci fino a 1,2 miliardi di euro qualche impresa potrebbe anche cadere in “tentazione”. Del resto è sin troppo viva nella memoria la risata con cui l’imprenditore Francesco Piscicelli, intercettato al telefono nel 2009 dopo il terribile terremoto dell’Aquila, pregustava i grossi affari indotti dalla ricostruzione. Sta di fatto che il 9 aprile scorso la Protezione civile di Franco Gabrielli, per il tramite della Consip, ha predisposto un maxibando di gara per la fornitura di un massimo di 18 mila soluzioni abitative di emergenza. Il tutto per un costo che, complessivamente, potrebbe arrivare a 1 miliardo e 188 milioni di euro. Si tratta proprio del costo stimato di eventuali sciagure che potrebbero accadere nei prossimi sei anni, ossia la durata dell’accordo prevista nel bando. Dalla Consip, la società del Tesoro che per conto della Protezione civile ha organizzato la gara, fanno sapere che la stima viene effettuata sulla base di serie storiche. E si precisa che il meccanismo è quello dell’accordo quadro: i soldi, cioè, verranno spesi solo nei limiti in cui le disgrazie dovessero verificarsi e solo in conseguenza dell’attivazione di singoli contratti di fornitura (“a cascata”) da parte delle amministrazioni locali. Di sicuro dietro alla procedura di gara si nasconde un bel po’ di problemi che hanno costretto Protezione civile e Consip a fare diverse capriole.

Il precedente
Dello stesso bando, infatti, giusto un anno fa (per la precisione l’11 aprile 2013) era uscita un’identica versione, sempre curata dalla Consip per conto della Protezione civile. Con la differenza che in quell’occasione il massimale di fornitura era stato fissato in 12 mila moduli abitativi d’emergenza, per un costo complessivo stimato in 684 milioni di euro, sempre nell’arco di sei anni. Ben mezzo miliardo di euro in meno rispetto al bando che è stato organizzato adesso. Ma perché indire una gara fotocopia dopo soli 365 giorni con massimali di fornitura e di costo nettamente più consistenti?

Le carte
Prima di rispondere alla domanda occorre dare un’occhiata ai documenti di gara. Le soluzioni abitative di emergenza richieste di fronte a eventuali necessità sono esattamente le stesse: moduli di 40 metri quadri destinati a ospitare nuclei familiari di 1-2 persone; moduli di 60 metri quadri per nuclei di 3-4 persone; moduli da 80 metri quadri per 5-6 persone. Diversamente dall’attuale bando, però, le soluzioni abitative di emergenza da mettere a disposizione erano stimate in un massimo di 12 mila, adesso cresciute a 18 mila. Volendo fare una media, questo significa che attualmente la Protezione civile stima che eventuali calamità naturali potrebbero rendere necessaria una sistemazione abitativa per una quantità di persone che va da un minimo di 54 mila a un massimo di 64 mila. Stime nettamente superiori a quelle di un solo anno fa. E qui torniamo alla domanda di partenza: perché un nuovo bando fotocopia con queste differenze di valutazione?

La spiegazione
La Consip ha spiegato a La Notizia che si è resa necessaria l’indizione di un bando fotocopia perché quello precedente (da 684 milioni di massimale) si è rivelato improcedibile: un lotto è andato deserto, un altro ha avuto un’offerta non conforme e il terzo ha avuto due offerte, di cui una non conforme. Così, visto che il disciplinare di gara prevedeva l’esistenza di almeno due offerte valide, si è dovuto dar luogo a una nuova gara. I massimali di fornitura e di costo, sempre secondo la Consip, sono aumentati in conseguenza della variazione della natura dei lotti. Da tre lotti merceologici del 2013, in pratica, si è passati a tre lotti geografici del 2014. Con una stima di copertura maggiore da parte della Protezione civile, ovvero 6 mila moduli abitativi per lotto per il caso di “evento calamitoso di notevole entità”. Nella speranza che questo non si verifichi.

Twitter: @SSansonetti

 

Riceviamo e pubblichiamo:

Egregio Direttore,

il titolo “L’Italia frana la Protezione Civile sbaglia i bandi”, ripreso all’interno con “Calamità naturali e terremoti. Il caos dell’appalto preventivo” dell’edizione di mercoledì 23 aprile stravolge l’intero contenuto dell’articolo, è decisamente fuorviante nelle informazioni che si trasmettono ai lettori rispetto alla realtà dei fatti, e per questo se ne chiede la rettifica.
Come correttamente riportato nel pezzo, infatti, non c’è stato alcuno sbaglio né tantomeno caos; semplicemente come spiegato al giornalista da Consip, è stato necessario indire un nuovo bando poiché per quello pubblicato nel 2013 non è stato possibile procedere ad alcuna aggiudicazione.
Ancora una volta riscontriamo la pervicace volontà di abbinare al sistema di “protezione civile” giudizi pregiudizialmente negativi anche, come nel caso in ispecie, quando cerca di perseguire l’interesse generale con criteri di trasparenza e equità.
L’ufficio stampa

 

Risponde l’autore dell’articolo, Stefano Sansonetti:

Altro che articolo fuorviante. La Protezione civile, del resto, non può far altro che confermare che da un anno all’altro è stato necessario rifare un bando con previsioni di fornitura e di costi completamente riviste. E conferma che il costo massimo complessivo è salito di mezzo miliardo di euro. Francamente riesce complicato credere che il primo bando non fosse sbagliato in ogni sua proiezione.

 

Riceviamo e pubblichiamo:

Il titolo dell’articolo “l’Italia frana, la Protezione civile sbaglia i bandi” pubblicato il 23 aprile suggerisce un errore nel bando di gara pubblicato da Consip nell’aprile 2013, che ovviamente non c’è mai stato. Il bando è stato annullato solo per l’impossibilità di procedere all’aggiudicazione dei tre lotti per assenza del numero minimo di offerte valide previste e la decisione di riformularlo, passando dal criterio della suddivisione in lotti merceologici a quello in lotti geografici, è stata dettata esclusivamente dalla volontà di favorire una maggiore partecipazione delle aziende alla gara.

Quanto poi ai presunti maggiori costi, dobbiamo ribadire – come fatto in altre occasioni – che l’Accordo quadro non rappresenta un acquisto e quindi non comporta alcuna spesa. Si tratta infatti di un meccanismo che si attiva solo in caso di necessità, offrendo alla Protezione civile uno strumento per poter garantire in modo trasparente l’immediata risposta alle esigenze di sistemazione della popolazione colpita da eventuali calamità naturali. La maggior previsione di moduli abitativi (e il conseguente aumento del valore della gara) nella seconda edizione del bando è esclusivamente legata alla diversa suddivisione dei lotti su base geografica e serve a garantire che, nella malaugurata ipotesi di una grande calamità naturale, per ciascun lotto geografico sia possibile un ordinativo di moduli sufficiente a coprire anche esigenze abitative di notevole entità.

Trarre da questi fatti oggettivi – pur riportati nell’articolo – la conclusione che vi sia stato un errore nel bando o un aggravio di spesa risulta fuorviante e dimostra la volontà di suggerire un pregiudizio negativo, anche quando, come nel caso di specie, si persegue l’interesse generale con criteri di trasparenza ed equità.

Ufficio stampa Consip

 

Risponde l’autore dell’articolo, Stefano Sansonetti:

A distanza di un anno il contenuto dei due bandi è radicalmente cambiato, con un aumento delle stime di fornitura e di costo. E questo, pare di capire, si lega al fatto che non c’è stata nessuna offerta valida (o addirittura nessuna offerta) per la prima versione del bando. E’ arduo credere che tutto sia andato liscio come l’olio. Altrimenti non si sarebbe riscritto lo stesso bando con numeri completamente diversi.