È il giorno di Conte: attesa per il discorso al Senato. Ecco cosa potrebbe accadere: il vero regista sarà il premier

Oggi il premier Giuseppe Conte interverrà al Senato, con ogni probabilità nella sua informativa stilerà un lungo elenco di accuse all’operato di Matteo Salvini e con altrettanta probabilità, prima di qualsiasi voto su qualsiasi mozione, si recherà al Quirinale a rimettere il suo mandato nelle mani del Presidente Sergio Mattarella. Seguiranno quindi le consultazioni e potrebbe a breve nascere un esecutivo giallo-rosso, forse nelle forme del Conte-bis. Fino a ieri sera è apparso questo l’esito più probabile della crisi aperta da Matteo Salvini dalla spiaggia del Papeete beach e rivelatasi per lui un boomerang anziché una marcia trionfale verso Palazzo Chigi, dove sognava addirittura di avere pieni poteri e di dettare autonomamente la linea con un Silvio Berlusconi e una Giorgia Meloni da tenere in posizione defilata. Sicurezza e ostentazione di forza svanite quando, sfilato il costume da bagno, nelle aule parlamentari il Capitano è stato ridimensionato a ultimo dei marescialli. Oggi, alle 14.30, si riunirà la conferenza dei capigruppo del Senato per decidere i tempi della seduta fissata per le ore 15. Sarà in quel momento già chiaro chi eventualmente deciderà di presentare una risoluzione, di sostegno o di critica, sulle comunicazioni che mezz’ora dopo farà il premier Giuseppe Conte. Un passaggio in cui la Lega potrebbe anche ritirare la sua mozione di sfiducia al presidente del consiglio, anche se al momento attuale difficilmente ne potrebbe trarre particolare giovamento. Il premier potrebbe poi appunto non attendere il verdetto dell’aula e salire al Colle per dimettersi. A quel punto il Capo dello Stato potrebbe chiedergli di restare al suo posto per il disbrigo degli affari correnti e aprire le consultazioni.

Conte sarebbe in tal modo, come più volte è stato ribadito in questi giorni, dimissionario ma non sfiduciato. Dalle consultazioni potrebbero quindi emergere diverse ipotesi. Luigi Di Maio, vista la linea del mai più con Salvini, difficilmente potrà accogliere eventuali tentativi di dialogo della Lega e sembra così probabile che avvii un confronto con il Pd, ma probabilmente con Nicola Zingaretti e non con lo storico nemico Matteo Renzi. Quello stesso Zingaretti che ieri ha continuato a tentennare specificando di non voler prendere alcune posizione su un futuro nuovo esecutivo fino a che la crisi non verrà formalmente aperta e gestita da Mattarella. In tal caso però, dopo un confronto tra i due partiti e dopo aver riferito proprio a Mattarella, quest’ultimo potrebbe incaricare un nuovo premier indicato da M5s e Pd, che potrebbe anche essere, come è stata ventilata l’ipotesi, lo stesso Conte, che non sembra affatto intenzionato a rivendicare per sé il ruolo di commissario europeo e potrebbe invece essere più che soddisfatto di restare alla guida di Palazzo Chigi con il Pd alleato con il Movimento 5 Stelle anziché con la Lega di Salvini. Non impossibile, ma estremamente difficile dunque che si vada verso un nuovo esecutivo tra Lega e M5S. Potrebbe però anche non essere trovato un accordo tra i partiti e si andrebbe così a nuove elezioni a ottobre. In tal caso probabilmente con un governo tecnico scelto dal Capo dello Stato. Conte potrebbe però anche attendere un eventuale voto in aula e incassare il sì al suo esecutivo. Ma andare avanti con il governo, anche con l’ipotesi del rimpasto, viste ormai le distanze tra Matteo Salvini e i pentastellati sembra estremamente improbabile anche in questo caso. E se Conte non dovesse dimettersi né essere sfiduciato mercoledì 21 agosto dovrebbe intervenire anche alla Camera e il 22 agosto si potrebbe votare il quarto passaggio della riforma del taglio dei parlamentari. Da quel momento e per circa sei mesi, sarebbe quindi impossibile andare a elezioni anticipate. Nessuno si sbilancia più di tanto e non resta che attendere quel che accadrà oggi a Palazzo Madama, senza andare oltre le probabilità. Del resto l’attuale crisi di governo è una crisi estremamente anomala, che anche per le modalità con cui è stata sinora gestita ha ben pochi precedenti. Una crisi che ha fatto saltare le solite ferie della politica e aperto a qualsiasi scenario.