Addio all’arsenale chimico. Assad per ora si salva

di Roberto Mancini

Ci vorrà un anno e un miliardo di dollari. È questo il tempo e il prezzo per distruggere le armi chimiche della Siria. Il governo si atterrà all’accordo raggiunto da Stati Uniti e Russia. A dirlo è stato proprio il presidente Bashar al-Assad in un’intervista all’emittente Usa Fox tv, confermando e precisando gli impegni presi. “Trasferiremo il nostro arsenale di armi chimiche a qualunque Paese disposto ad assumersi il rischio di prenderle in consegna”, ha aggiunto. Nell’intervista Assad si è anche detto disponibile a consegnare l’arsenale agli Stati Uniti affinchè le distruggano sul loro territorio, se Washington è disposta a pagare il costo dell’operazione.
Il rais di Damasco ha anche sottolineato che la distruzione delle armi è un procedimento pericoloso per l’ambiente. Dopo due anni e mezzo di conflitto e più di 110 mila morti, il capo dello Stato siriano ha poi spiegato che il suo Paese non è in guerra civile, piuttosto in un nuovo tipo di guerra condotta da decine di migliaia di jihadisti di oltre 80 nazionalità straniere, di cui circa il 90% sarebbero combattenti di al Qaida. Sempre secondo Assad, dal marzo 2011 decine di migliaia di siriani e 15 mila soldati governativi sono stati uccisi, la maggior parte di loro in «attentati terroristici, omicidi e attacchi suicidi». In questa seconda intervista televisiva , il presidente ha inoltre ribadito che le armi chimiche utilizzate per il massacro del 21 agosto vicino Damasco erano in possesso dei ribelli e non delle forze armate governative. Per il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, invece, è molto chiaro che il responsabile dell’attacco chimico del 21 agosto è il regime di Assad: L’attacco proveniva da una zona controllata dal regime e non c’era ragione che l’opposizione colpisse la propria gente. Inoltre, i ribelli non hanno a disposizione quel tipo di armi. A conferma che la situazione sul terreno diviene sempre più complessa e pericolosa, arriva la notizia della morte in Siria di un ex detenuto di Guantanamo, ucciso mentre combatteva nella file dei ribelli anti-governativi. Nato in Marocco, Mohammed al-Alami, che era uscito da Camp X Ray nel 2006, è il primo ex detenuto di Guantanamo di cui emerge la notizia della morte in Siria.Secondo gli esperti militari russi, indipendentemente da dove saranno distrutte le armi chimiche di Damasco, la Russia dovrà mandare ai depositi siriani suoi specialisti delle truppe di difesa antiradiazione, chimica e biologica. Le riserve chimiche siriane sono stimate in circa 1000-1300 tonnellate.
L’unico sito in Russia capace di liquidare un simile volume di pericolose munizioni è l’azienda per la distruzione degli aggressivi chimiche nella città di Schuchje della regione di Kurgan, nel sud-est della Russia. Sito, realizzato con l’aiuto finanziario della Germania, degli Usa, del Canada, della Gran Bretagna, dell’Italia e di alcuni altri paesi e messo in opera nel 2009.
Intanto Obama è criticato in casa per la gestione del caso siriano. Robert Gates e Leon Panetta, ex segretari alla Difesa americana durante i mandati presidenziali di Barack Obama e George W. Bush, hanno criticato il mondo in cui l’amministrazione ha gestito la crisi in Siria.
I due ex funzionari hanno anche espresso scetticismo su un eventuale accordo con Mosca per rimuovere le armi chimiche del regime di Bashar al Assad. Come riporta il New York Times, sia Panetta che Gates hanno inoltre dichiarato che non avrebbero richiesto l’autorizzazione al Congresso per l’uso della forza in Siria. Gates ha sottolineato che l’intenzione di Obama di punire Assad con un intervento militare è stato un errore mentre per Panetta lo sbaglio è stato quello di non attaccare.