Adesso c’è la prova. Sono i tedeschi che vogliono far saltare l’euro. Umiliata la Grecia, i falchi gettano la maschera

nemici dell’euro si chiamano Le Pen, Salvini, Farage? Niente affatto. Il vero nemico è la cancelliera tedesca Merkel e tutta la cricca dei custodi del rigore. Falco tra i falchi, senza una sola crepa nella faccia di bronzo con cui ha lasciato impoverirsi milioni di famiglie e finire sul lastrico interi Paesi, ieri il presidente della Bundesbank e membro del consiglio Bce, Jens Weidmann, ha affermato che ”la decisione del nuovo Governo greco di porre fine alla cooperazione con la Troika mostra quanto impopolare possa essere la condivisione della sovranità con i creditori esteri, anche nei casi in cui la spesa nazionale dipende molto dall’aiuto finanziario esterno”. Il caso greco – ha aggiunto Weidmann – “dimostra come sia politicamente difficile accettare l’influenza europea sulla politica economica nazionale”. In sostanza un altro mattone sottratto dal muro della moneta comune. Mentre in tutto il vecchio continente crescono i movimenti euroscettici, proprio chi ha beneficiato immensamente dalla moneta comune ora si accorge che a tirarla troppo la corda si spezza. E siccome ormai che si è incassato, se pure si rompe il giocattolo dell’euro, i problemi non resteranno certo in mano ai tedeschi. “Rompiamo tutto noi per primi”, chiedono perciò sempre più a gran voce a Berlino. E a furia di dare schiaffi a tutti, presto o tardi il gioco si romperà. Alla faccia dello spirito europeo, della solidarietà tra popoli (chi l’ha vista?), del mutuo soccorso tra nazioni che la Germania considera sovrane solo quando gli conviene.

VECCHIO COPIONE
Così si è consumato il colpo di Stato in Italia, con la congiura dello spread ordita dalle banche tedesche (vendettero i nostri titoli pubblici tutto in una volta, facendo naturalmente impennare il differenziale con i bund), dai grandi fondi di Wall Street e dal loro braccio operativo: le agenzie di rating. Per quella stagione è in corso un processo nella minuscola Procura di Trani, ma negli Usa le società di rating hanno patteggiato sanzioni astronomiche. Poi arrivò la grande crisi monetaria, accentuata da una crisi economica di fronte alla quale la Bce è rimasta a lungo alla finestra. Oggi tutti incensano Draghi per aver convinto i tedeschi a una politica monetaria più accomodante e solo quando la casa Europa bruciava (con la deflazione conclamata) a far partire un piano di quantitative easing (immissione di liquidità). In realtà Draghi doveva imporre le misure straordinarie molto prima, fragandosene dei tedeschi che da statuto non possono condizionare l’autonomia della Banca centrale. Di fatto, però, a ogni starnuto della Merkel e del suo ministro Schaeuble tutto si è fermato. Esattamente quello che accade ora con Atene. Con l’alibi delle competenze, la Bce è un soggetto a sovranità limitata. Come il resto d’Europa, d’altronde.