Altro che bonus a loro insaputa. L’alibi del fiscalista non sta in piedi. Il tributarista Timpone: “I consulenti non c’entrano. I 600 euro andavano richiesti dal diretto interessato”

C’è chi si trincera dietro la beneficenza e chi dietro la ben nota formula “a mia insaputa”, chi tira in ballo la fidanzata e chi la socia dello studio. La fantasia ai nostri politici non manca, soprattutto quando si tratta di arrampicarsi sugli specchi. In ogni caso uno scaricabarile patetico. Soprattutto se in un primo momento qualche leader si straccia le vesti salvo poi scoprire che i furbetti del bonus appartengono al proprio partito. Inutile specificare di chi stiamo parlando e a quale partito ci stiamo riferendo.

Il caso è quello che sta tenendo banco in questi giorni, ovvero l’inopportuna – sebbene legittima sul piano giuridico- richiesta del sussidio di 600 euro o bonus che dir si voglia (rinnovato per due mensilità) stanziato dal governo ed erogato dall’Inps per venire incontro ai lavoratori gravemente colpiti dalla crisi economica innescata dalla pandemia. Chiariamo ogni equivoco: come si poteva richiedere il bonus 600 euro del decreto Cura Italia destinato alle partite Iva. Lo abbiamo chiesto a Gianluca Timpone, commercialista.

“La richiesta poteva essere inoltrata esclusivamente dal diretto interessato, era precluso sia al commercialista che al consulente del lavoro e in linea generale agli intermediari, ossia quelli che trasmettono la dichiarazione dei redditi, la possibilità di poter trasmettere la richiesta per conto dei propri clienti. A tal proposito l’Inps, con un messaggio del 8 aprile del 2020 ha dichiarato esplicitamente che non poteva autorizzare i commercialisti o altre figure professionali alla trasmissione delle domande in quanto bisognava attendere un apposito decreto ministeriale. Pertanto, tutti i beneficiari dei 600 euro hanno trasmesso autonomamente attraverso un pin personale la relativa richiesta. Tant’è vero che in occasione delle criticità che si sono manifestate all’indomani dell’inoltro delle numerose domande a cui è seguito un blocco del sito web dell’Inps, che ha poi provveduto alla creazione di un pin semplificato che veniva rilasciato nel giro di pochissimo tempo”.

In ogni caso il beneficiario si è visto accreditare sul proprio conto corrente l’importo, se non lo avesse richiesto personalmente avrebbe potuto chiedere lumi al tributarista…
“L’accredito avveniva su un conto corrente che al momento della richiesta doveva essere indicato e vi doveva essere perfetta corrispondenza fra il titolare del conto e il richiedente del bonus di 600 euro, in caso di discordanza la domanda veniva automaticamente respinta. Quindi l’accredito veniva evidenziato direttamente dal soggetti legittimato alla richiesta ma soprattutto corrispondeva alla persona che aveva fatto richiesta. Quindi non ci può essere stato nessun errore in questo senso”.

Bene, abbiano sfatato il mito dell’ “a sua insaputa”. Alcuni, al momento due dei tre consiglieri regionali in Veneto e un consigliere comunale a Firenze (candidato a sindaco), tutti leghisti, che hanno richiesto il bonus hanno parlato di beneficenza. Da cittadino e da commercialista che ne pensa?
“Teoricamente si poteva fare richiesta del bonus e poi trasferire l’importo a chi fosse in una condizione di bisogno, però vorrei chiarire che coloro che ne hanno fatto richiesta ne avevano comunque diritto in quanto non esisteva un tetto per iscritti all’Inps, che invece è stato inserito per i lavoratori autonomi iscritti ad una cassa professionale privata. Come sempre è una questione di coscienza personale”.