Altro che dissidenti 5 Stelle. Da Casini alla Prestigiacomo ecco i veri onorevoli ribelli. Il primo M5S “ribelle” è al 62esimo posto alla Camera. Al Senato 49esimo. E la Lega è ancora più compatta

I dati sui voti ribelli secondo il monitoraggio di OpenPolis

A leggere le cronache dei vari giornali mainstream e a dar credito agli attacchi delle opposizioni parlamentari, parrebbe che la querelle andata avanti per giorni per sciogliere il nodo sulla fiducia sì-fiducia no sul decreto Sicurezza, nasconda un rischio impellente per i Cinque stelle, vicini all’implosione a causa di frondisti pronti a spezzare le redini della leadership di Luigi Di Maio e disposti a tutto pur di far cadere il Governo e la maggioranza gialloverde. Un’idea di questo dissidio, al di là delle parole, è possibile farsela riprendendo i dati sui voti ribelli, secondo il monitoraggio, impeccabile, di OpenPolis.

Parliamo, cioè, dei voti espressi in dissenso dal singolo parlamentare rispetto al proprio gruppo di appartenenza su un dato provvedimento, emendamento o disegno di legge. Ci si aspetterebbe che i quattro dissidenti del Movimento – Elena Fattori, Gregorio De Falco, Matteo Mantero, Paola Nugnes – abbiano mostrato con questo e quell’altro voto il proprio dissenso. E invece. A scorrere le liste dei senatori si scopre che l’onorevole più dissidente tra i pentastellati è stata Elena Fattori che finora ha “collezionato” 20 voti ribelli. E gli altri? Mantero 6, De Falco 3, la Nugnes un solo voto contrario, in relazione a un emendamento al Milleproproghe, promosso da Forza Italia, che nemmeno poi è stato approvato. Insomma, questioni piuttosto superficiali.

Ciononostante, presi i voti ribelli dei quattro “frondisti” arriviamo a 30. Sacrilegio, verrebbe da dire. Ma la domanda (che forse in pochi si sono fatti) è un’altra: e tutti gli altri gruppi parlamentari? Il dissidente per eccellenza è Dieter Steger del gruppo parlamentare per le Autonomie che, da solo, ha espresso 183 voti difformi rispetto al suo gruppo d’appartenenza. Segue Antonio Saccone che, con Forza Italia, è stato in disaccordo ben 145 volte. Via via tutti gli altri. Da Pier Ferdinando Casini (130) a Paola Binetti (75). Non mancano, ovviamente, volti noti di Palazzo Madama anche nel Pd. Un esempio su tutti è Francesco Bonifazi: il tesoriere del partito e renziano di ferro ha espresso la bellezza di 48 voti in dissenso. Ma non è l’unico: il segretario del Pd in Calabria, Ernesto Magorno, ne ha espressi 42, Monica Cirinnà 32. Via via tutti gli altri. La medaglia al dissenso va, però, senza ombra di dubbio a Forza Italia: 1.695 voti ribelli in totale tra i 61 membri del gruppo parlamentare al Senato. In media, dunque, ogni senatore forzista ha votato in disaccordo rispetto al proprio partito 28 volte. Un record.

FELICI DESAPARECIDOS – Urge, a questo punto, chiedersi che fine abbiano fatto pentastellati e leghisti. Solo al 62esimo posto incontriamo Elena Fattori. E il primo leghista? Al 67esimo posto. Curioso che sia, con 19 voti ribelli, Umberto Bossi. Ma non è tutto. Al Senato, accanto alla Fattori, un solo senatore ha votato in dissenso 7 volte, 4 sei volte, 3 cinque volte, 8 quattro, 16 solo due volte e 29 una volta sola. Tutto il resto (41 senatori) non hanno mai votato in disaccordo rispetto al gruppo. Simile la Lega: 34 onorevoli (su 58) non hanno mai “rinnegato” il gruppo di appartenenza. Il resto viaggiano su un trend che va dalle cinque volte (un senatore) a una sola volta (8).

UN MONTE(CITORIO) DI RIBELLI – A questo punto conviene interrogarsi anche sulla Camera dei Deputati. Il primo dato che salta all’occhio in una lettura generale dei dati OpenPolis è che sicuramente Montecitorio è meno “ribollente” rispetto a Palazzo Madama: i voti ribelli sono mediamente inferiori. A parte il primo classificato di questa speciale classifica, che finisce con l’essere il re assoluto dei ribelli: Vittorio Sgarbi che, ora passato al Misto, durante la sua militanza in Forza Italia ha espresso qualcosa come 306 voti contrari. Considerando che dall’insediamento delle Camere (23 marzo) all’uscita di Sgarbi da Forza Italia (4 ottobre) sono trascorsi 195 giorni (considerando sia l’impasse delle prime settimane per la formazione del Governo sia i 28 sabati e domeniche), l’onorevole ha espresso in media 1,5 voti contrari ogni 24 ore.

Il salto dal primo posto al secondo è notevole: si passa a Enrico Costa (anche lui oggi al Misto), con 36 voti contrari rispetto a Forza Italia. Anche a Montecitorio gli Azzurri non paiono molto legati, tanto che ai primi posti della speciale classifica ci sono sempre loro: Sestino Giacomoni (36), Vincenzo Fasano e Gianfranco Rotondi (33), Fucsia Nissoli (29), Dario Bond (25), Stefania Prestigiacomo (24). Poi spazio a due esponenti di Fratelli d’Italia: Guido Crosetto, che nell’attesa di essere “licenziato” dalla Camera, ha espresso 22 voti contrari rispetto al gruppo, e Carlo Fatuzzo (20). Anche qui M5S e Lega sembrano felici desaparecidos. Dobbiamo scendere al 49esimo posto per ritrovare gli otto voti in dissenso di Sara Cunial. Per quanto riguarda il Carroccio, invece, abbiamo Andrea Crippa: con 3 voti ribelli è al 122esimo posto. Ultimo appunto: a esprimere un solo voto ribelle sono stati 25 parlamentari Cinque stelle e 22 leghisti; 185 onorevole M5S e 100 padani non sono mai stati in disaccordo. Quasi che verrebbe da dire, per l’autonomia di pensiero, che sono anche troppi.