Altro che fondi, tradite le promesse all’università

di Carmine Gazzanni

Tutti ricorderanno la fatidica frase di Enrico Letta a pochi giorni dall’insediamento del suo governo: “Mi dimetto se dobbiamo fare dei tagli alla cultura, alla ricerca, all’università”. Una promessa forte, coraggiosa, impegnativa. E a leggere il comma 165 dell’unico articolo della legge di stabilità si resta più che impressionati: nel 2014 il Fondo per il Finanziamento Ordinario (Ffo) sarà incrementato di ben 150 milioni di euro. Una bella boccata d’ossigeno per gli atenei italiani. Eppure, come spesso accade, le cose sono più complicate (e meno rosee) del previsto. Quel che si scopre, infatti, è che il finanziamento di oggi (che, come vedremo, tanto “incremento” non è) altro non è che un “contentino” (misero) per tagli (pesanti) di domani. Alla faccia invece dei fondi – come sempre assicurati – agli atenei privati.

La situazione
La prima domanda che ci si dovrebbe porre è la seguente: ma siamo sicuri che quei 150 milioni di euro per il 2014 siano realmente un “incremento” del Ffo? Sì e no. Sì se si considera l’anno appena trascorso. No se si fa un ulteriore passo indietro. Nella legge di stabilità del 2013 era stato lo stesso ex ministro Profumo a chiedere al governo una dote aggiuntiva di 400 milioni – vitali per gli atenei – ai 6.694 milioni di euro stanziati per l’Ffo (-4,3% rispetto al 2012). Alla fine il governo decise per un’aggiuntina minima: solo 100 milioni in più. A conti fatti, dunque, l’incremento di 150 milioni di cui si parla nell’attuale legge di stabilità nient’altro è che un recupero (peraltro parziale) del taglio di 300 milioni dell’anno scorso.

Tagli per 182 milioni fino al 2018
Ma non è finita qui. Come denunciato dall’associazione Roars, il finanziamento di oggi dev’essere letto in linea con un altro provvedimento, contenuto sempre nella legge di stabilità, che prevede il progressivo blocco del turn-over fino al 2018 (comma 307). Nel biennio 2014-2015, infatti, si potrà procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per una spesa pari al 50 per cento di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. Una percentuale, però, che è destinata a salire: “la predetta facoltà è fissata nella misura del 60 per cento per l’anno 2016, dell’80 per cento per l’anno 2017 e del 100 per cento a decorrere dall’anno 2018”. La conseguenza è ovvia: nel corso degli anni le università statali avranno bisogno di meno soldi. Ergo: lo Stato potrà risparmiare un bel gruzzoletto. Semplici supposizioni? Assolutamente no. Nella bozza di legge dell’esecutivo, infatti, a giustificare quest’ultimo provvedimento ecco spuntare una piccola annotazione: i risparmi derivanti dal blocco del turn-over (10 milioni nel 2015, 93 nel 2016, 202 nel 2017, 239 dal 2018) consentiranno un risparmio nel settore università “per 28 mln per l’anno 2016, 70 mln di euro per l’anno 2017 e 84 mln di euro a decorrere dall’anno 2018”. Ecco perché “va prevista una contestuale riduzione del Ffo”. Insomma, a fare da contrappeso al finanziamento di oggi di 150 milioni è un graduale blocco del turn-over che porterà lo Stato a tagliare progressivamente il fondo per gli atenei pubblici di ben 182 milioni di euro tra il 2015 e il 2018.

Soldi ai privati
Tutt’altra musica per quanto riguarda invece gli atenei privati che, essendo tali, non saranno minimamente toccati dal blocco del turn-over. Per loro è stato previsto infatti, come si evince dagli allegati alla legge di stabilità, un finanziamento per il 2014 di 72 milioni di euro (a cui seguiranno 69 milioni e per il 2015 e per il 2016). Non solo. Con il comma 246 ecco un ulteriore finanziamento “in favore dei policlinici universitari gestiti direttamente da università non statali”: 50 milioni per l’anno 2014 e 35 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2015 al 2024.