Altro che Italia razzista. Così il Belgio ha cacciato 12mila cittadini europei. Le regole dell’Unione lo consentono. In 8 anni espulsi aumentati del 1600%

Tra il 2008 e il 2016 nel solo Belgio sono stati espulsi 12.735 cittadini europei

Aiutiamoli a casa loro. Pure se sono cittadini europei. Alla faccia della tanto sbandierata Unione. E alla faccia, tra le altre cose, dell’accordo di Schengen che dovrebbe (ma il condizionale, come vedremo, è d’obbligo) il principio della libera circolazione di persone in tutti i paesi comunitari. Mentre i “civili” Stati d’oltralpe gridano allo scandalo per le politiche del Governo gialloverde accusato di razzismo e xenofobia specie dopo l’approvazione del decreto-Sicurezza fortemente voluto dal ministro Matteo Salvini, gli altri non sono da meno.

E, se si può, fanno anche peggio. Andiamo in Belgio, patria dell’Unione visto il ruolo di “capitale” svolto da Bruxelles. Proprio qui, nel cuore dell’establishment comunitario, le espulsioni sono all’ordine del giorno. Ma, attenzione, non parliamo di migranti. Ma, più banalmente, di cittadini comunitari. Impossibile? E invece no. La cosa è talmente fuori da ogni logica che è stata una parlamentare Pd, Laura Garavini, l’ultima a denunciare questo andazzo.

Nell’interrogazione presentata dalla dem, si dice che, in particolare in concomitanza della crisi economica e sociale che ha interessato l’Europa, “si è sviluppata una spirale di espulsioni di cittadini in mobilità provenienti da altri Paesi comunitari, sancite dalle autorità locali a breve distanza di tempo dalla perdita del lavoro e dalla caduta in una condizione di disoccupazione”. I numeri sono impressionanti: si è passati da una media annuale di espulsioni di 137 tra il 2008 e il 2010 a una media annuale di 2.387 tra il 2012 e il 2014, con un aumento del 1.600%. E così tra il 2008 e il 2016 nel solo Belgio sono stati espulsi 12.735 cittadini europei ai quali è stato notificato l’ “ordine di lasciare il territorio”. Di questi circa metà sono italiani.

Ciò che sorprende, però, è che è tutto in regola. Come ricordato dal sottosegretario agli Esteri Antonio Merlo nella sua risposta all’interrogazione, la direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, prevede, in linea generale, “la possibilità di ritirare il permesso di soggiorno ai cittadini di un altro Stato membro che diventino un onere eccessivo per lo Stato membro ospitante”. Insomma, se un cittadino, nonostante sia comunitario, diventa un peso economico, può essere sbattuto alla porta.

Se l’Italia invece alza i toni perché diventa difficile sopportare il peso della gestione migranti, si grida allo scandalo addirittura sollevando ipotesi di politiche razziste. “Vomitevoli” come sono state definite dalla civilissima Parigi. Nel frattempo è la stessa Farnesina a riconoscere come sia “crescente” il ricorso da parte delle autorità belghe a “provvedimenti di ritiro di permessi di soggiorno a cittadini comunitari in mobilità (e, tra questi, a cittadini italiani). Insomma, parliamo di “un fenomeno noto alla nostra ambasciata a Bruxelles”.

E non solo a Bruxelles a quanto pare. Nella Germania di Angela Merkel diverse italiane e italiani si sono visti recapitare nelle ultime settimane (come documentato da Cosmo, la trasmissione in italiano di Radio Colonia) una circolare in cui erano riportate le seguenti parole: “Lei per la mancanza di mezzi di sussistenza perde il diritto alla libertà di circolazione ed è a rischio di abschiebung”. Ovvero espulsione, rimpatrio coatto.

C’è da dire a onor del vero che contro il Belgio nel 2014 venne aperta una procedura d’infrazione dall’Unione europea conclusasi due anni dopo, nel luglio 2016, con un nulla di fatto: la Commissione, in quella circostanza, concludeva di non poter dimostrare a sufficienza che le pratiche delle autorità belghe costituissero una violazione del diritto comunitario, archiviando pertanto la questione. Una gran bella differenza rispetto al trattamento riservato all’Italia nei confronti del quale si è innalzato un muro di ipocrisia fatto di accuse (più o meno legittime) nei confronti della politica migratoria italiana, e di totale disinteresse per i migliaia di disperati che si illudono di sbarcare in un’Europa civile e solidale.