Sempre più giornalisti minacciati in Italia. Dilagano i procedimenti penali, ma nel 70% dei casi sono querele infondate

Sempre più giornalisti querelati per diffamazione a mezzo stampa. Ma nel 70% dei casi, denuncia Ossigeno per l'Informazione, si tratta di querele infondate

Sempre più minacciati, sempre più intimiditi. È questa la situazione in cui versano oggi, in Italia, migliaia di giornalisti querelati per diffamazione a mezzo stampa. Querele spesso infondate, esagerate, pretestuose, che però costringono i cronisti a sostenere anni di processi e spese legali. La fotografia l’ha scattata per la prima volta il ministero della Giustizia, con una serie di dati e statistiche fornite a Ossigeno per l’Informazione, l’Osservatorio sui giornalisti minacciati promosso da Ordine dei giornalisti e Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi). Il primo numero che salta all’occhio, leggendo il dossier di Ossigeno, è quello relativo ai procedimenti penali nati ogni anno in seguito a una querela per diffamazione a mezzo stampa che si concludono accertando che si trattava di querele infondate: 5.125. Il 70% del totale. Il paradosso? Spesso il querelante non è condannato nemmeno a pagare le spese legali sostenute dal giornalista prosciolto. Non solo. Ogni anno vengono avviate presso i Tribunali civili 911 cause per danni, con una richiesta media di 50 mila euro, per un totale monstre che supera i 45 milioni e mezzo.

I NUMERI
Ma le intimidazioni nei confronti dei giornalisti hanno un costo. Ogni anno, rivela Ossigeno, cronisti ed editori spendono 54 milioni di euro in spese legali. Un sacco di soldi. Poi c’è la questione dei tempi infiniti della giustizia. Nel triennio 2010-2013 le indagini preliminari per il reato di diffamazione a mezzo stampa hanno richiesto in media due anni e mezzo. Se sette su dieci si concludono in questa prima fase con il proscioglimento del giornalista imputato, per gli altri tre rinviati a giudizio i tribunali hanno impiegato altri tre anni e dieci mesi per emettere la sentenza. Per cui, fa notare ancora il dossier di Ossigeno, da quando inizia il processo a quando viene emessa la sentenza di primo grado trascorrono mediamente sei anni e quattro mesi. Questo andazzo non solo danneggia il giornalista condannato in primo grado che è in attesa dell’appello, ma favorisce l’accusatore visto che la prescrizione lascia inalterata la possibilità di procedere con una causa civile per danni.

LE CONDANNE
Solo nel 2015 i giornalisti condannati per diffamazione a mezzo stampa sono stati 475: 320 al pagamento di multe e i restanti 155 a pene detentive. I dati forniti dal ministero della Giustizia sottolineano che, nella quasi totalità, la pena detentiva non ha superato un anno di reclusione. Stimando che la pena media inflitta ai cronisti sia di otto mesi, è possibile affermare che ogni anno sono state emesse condanne per 103 anni complessivi di carcere. Nella maggior parte dei casi, la stessa pena detentiva non viene scontata ma costituisce un potente deterrente nei confronti dei cronisti. “L’attuale legge sulla diffamazione a mezzo stampa funziona come un vero e proprio bavaglio”, ha spiegato Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno: “Speriamo che, analizzando questa drammatica fotografia della realtà, i legislatori prendano finalmente le decisioni conseguenti e varino le misure necessarie per impedire questa marea di abusi”.