Giallo su fondi a Matacena da conto corrente della Camera

Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, è stata arrestata all’aeroporto di Nizza. La donna è stata presa in consegna dalla polizia francese, presente l’ufficiale di collegamento italiano e funzionari della Dia.

“Il viaggio della signora Chiara Rizzo prosegue come programmato, arriverà a Reggio Calabria alle 22,40”. Lo ha dichiarato a Sky Tg24 Bonaventura Candido, il legale della moglie di Amedeo Matacena dopo che la donna è stata arrestata all’aeroporto di Nizza.

Secondo l’avvocato, dunque, i funzionari della Dia “accompagneranno” già oggi in Italia la signora Rizzo. “Ho consigliato alla signora di rientrare per chiarire tutto – ha aggiunto il legale – e lei è stata d’accordo perchè è convinta di non aver fatto nulla”. Le accuse su Chiara Rizzo, secondo l’avvocato si basano “su alcune intercettazioni molto criptiche. Bisognerà dunque vedere se questo impianto accusatorio resterà solido”. Bonaventura Candido ha poi parlato del rapporto tra la signora Matacena e Claudio Scajola: “un legame che viene da lontano, da quando Amedeo Matacena era parlamentare”. Inoltre, ha detto il legale” la famiglia Matacena vive a Montecarlo e Scajola a Imperia”, “è un rapporto consolidato nel tempo”.

Soldi per Matacena anche da un contro corrente della Camera, poi la smentita

C’era anche un conto corrente bancario aperto presso la tesoreria della Camera dei deputati fra i canali attraverso i quali partivano soldi destinati ad Amedeo Matacena, l’ex parlamentare di Forza Italia latitante a Dubai dopo una condanna definitiva a 5 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Su quello stesso conto doveva, secondo gli inquirenti, transitare il denaro necessario per finanziare il trasferimento dell’imprenditore calabrese in Libano.
Ma poi arriva la smentita. Non c’è alcun conto corrente “gestito dalla Tesoreria della Camera che sia intestato a singoli deputati o ex deputati”. A precisarlo sono ambienti della Camera, a proposito di notizie sulla vicenda Scajola. I conti bancari della Tesoreria, aggiungono, sono utilizzati “esclusivamente” per “l’attività istituzionale”.

Il particolare emerge dalle carte dell’inchiesta «Breakfast» che ha portato in carcere, tra gli altri, l’ex ministro dell’Interno e dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola. In un’intercettazione del 5 febbraio scorso relativa a una telefonata fra Chiara Rizzo, moglie dell’armatore latitante, e Scajola si parlerebbe proprio di questo. La famiglia di Matacena, secondo l’interpretazione degli uomini della Dia, è da tempo alla ricerca di appoggi che ne possano favorire il trasferimento dalla sua attuale residenza di Dubai – giudicata ormai poco sicura dopo la richiesta di estradizione avanzata dalle autorità italiane – al Libano. Scajola, attraverso l’intermediazione di Vincenzo Speziali, uno degli indagati, tenta, fra l’altro, di incontrare l’ambasciatore libanese in Italia, ma si verificano contrattempi in quanto in Libano è in fase di varo il nuovo governo. Ma il nuovo esecutivo libanese, oramai definito, si accinge a giurare e la situazione sembra sbloccarsi. Servono soldi per organizzare l’operazione e Scajola chiede a Chiara Rizzo, arrestata domenica all’aeroporto di Nizza, «se Amedeo ha un conto corrente presso la tesoreria della Camera». La donna risponde di si «in quanto l’ultima volta ha pagato versando ad Amedeo là». Scajola, annotano gli inquirenti, «dice che è perfetto in quanto risolveranno tutto in questo modo… Se lui ha fatto una comunicazione alla Camera». Chiara Rizzo interrompe Scajola dicendo «che la comunicazione l’aveva già fatta e avevano fatto la doppia firma con Lei». Scajola dice allora alla donna di portargli una documentazione che lo attesti impegnandosi «a risolvere tutto». I flussi finanzieri di Matacena sono ora bloccati, perché contestualmente all’esecuzione degli arresti disposti dalla Dda di Reggio Calabria giovedì scorso, gli uomini della Dia hanno bloccato beni per 50 milioni di euro, individuati, secondo le accuse, sotto la copertura di società di comodo formalmente intestate a personaggi strettamente legati all’ex parlamentare.