Non è più la Costituzione più bella del mondo. Sale la polemica su Benigni mentre l’Italia diventa il regno di Matteo

Bersaglio dello scandalo è Roberto Benigni, personaggio al quale una Destra sedicente liberale non perdona l’incoerenza di essere un artista di Sinistra.

Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai idea. Questa frase, persino più famosa di James Russell Lowell al quale è attribuita, quando si critica i politici non vale mai. Certo, Lor signori per conservare la poltrona ci hanno abituato alle più ardite piroette e molte scelte senza coerenza non sono segno della loro vivacità di pensiero ma la prova della nostra stupidità per averli votati. In politica, come in mille circostanze della vita, modificare alcune opinioni è però intelligente e spesso assolutamente necessario rispetto a condizioni generali che a loro volta cambiano. Per questo ai nostri politici, e prima ancora alle nostre coscienze, non chiediamo di tenere sempre posizioni rigide e non modificabili, ma valori – questi sì – mai sindacabili. Dalla confusione tra coerenza sulle scelte e coerenza sui valori è nata una polemica che intasa da giorni i social network e parte del dibattito politico. Bersaglio dello scandalo è Roberto Benigni, personaggio al quale una Destra sedicente liberale e meritocratica non perdona l’incoerenza di essere un artista di Sinistra, ma anche ricco e ben pagato per i suoi lavori.

Questa Destra, che proprio con il concetto di coerenza ha qualche problema da affrontare, scalpita perché Robertaccio ieri diceva No alla riforma della Costituzione e oggi invece ci ha ripensato e dice Sì, accontentando il monarca di turno Matteo Renzi e facendo pure cassa grazie alla Rai che ha ritrasmesso il suo spettacolo sulla Costituzione più bella del mondo. E dire che Benigni ha spiegato bene in un’intervista a Ezio Mauro che i valori della Carta, dei quali parla nel suo show, non c’entrano nulla con le modifiche della legge Boschi, che infatti non intacca minimamente quegli inalienabili principi fatti propri dai nostri Padri costituenti. Così la polemica va avanti tra fazioni predeterminate, che come pugili suonati si colpiscono senza capire di aver completamente sbagliato il loro ring. La vicenda infatti è più seria e complessa della presunta incoerenza di un attore o di un’intera parte politica sul destino della Costituzione.

NUOVO MONDO
Solo chi ha i prosciutti davanti agli occhi può ancora negare che la Carta senta addosso tutta la pesantezza dei suoi anni. Un tempo durante il quale sono avvenute trasformazioni epocali: dalla caduta del muro di Berlino alla nascita di Internet e alla globalizzazione. La nostra Costituzione era frutto di un accordo geopolitico e storico che oggi non ha più senso. L’Italia (con il delicato ruolo del Vaticano) restava dalla parte del Patto Atlantico (e non nel Patto di Varsavia, nonostante avesse il più numeroso partito comunista del mondo dopo Russia e Cina) in cambio dell’assoluta certezza che mai si sarebbe potuto ricostituire un regime come quello fascista. Per questo motivo la Costituzione si basò sul bicameralismo perfetto e potenziò la forza del Parlamento (dove la Sinistra controllava molte Commissioni) rispetto al potere del Governo. Ora tutto quel mondo non esiste più, così come i motivi per frenare un potere esecutivo che ha necessità di essere veloce ed efficace. Una situazione che in piccola parte, di fatto, si verifica da tempo con il regolare ricorso alla fiducia parlamentare, con cui si esautorano le Camere.

FALSI PROBLEMI
Sulla necessità di fare una riforma come quella Costituzionale, dunque, nessuno dovrebbe dubitare. Il problema vero – o se preferite, il ring dal quale i pugili si stanno tenendo distanti – è la combinazione tra la riforma Costituzionale pasticciata che ci viene proposta e la parallela riforma elettorale. Se infatti è assolutamente vero quello che sostiene il premier – e cioé che la Riforma Costituzionale non ne amplifica i poteri – respingendo la teoria dell’uomo solo al comando, la nuova Costituzione crea un effetto ben diverso se si somma alla riforma elettorale. Una tale accoppiata permetterà a un partito col 20% dei voti di avere il premier, una maggioranza schiacciante in Parlamento, nominare indisturbatamente i componenti della Corte costituzionale, del Csm, i manager pubblici e via dicendo, senza una seconda Camera di compensazione. Calando il progetto generale nella situazione attuale, di fatto si consegnano al signor Renzi Matteo da Firenze le chiavi di Palazzo Chigi per almeno un decennio. Questa è dunque la partita vera, dietro la quale un Centrodestra ormai disfatto non sa opporre resistenza (e molti suoi esponenti stanno trattando per un paracadute offerto da Verdini o uno strapuntino nel futuro Partito della Nazione). Allo stesso modo, nella Sinistra e nel Pd si stanno regolando tutti i conti, con gli ultimi stracci che voleranno al congresso dem dopo il referendum di ottobre. Appuntamento al quale arriveremo con una Costituzione cambiata ma purtroppo non con una Costituzione migliore.