Bombe d’Arabia sullo Yemen per fermare l’avanzata sciita. Egitto e Paesi del Golfo pronti all’intervento di terra. Ma Iran e Siria minacciano una rovinosa guerra

Le bombe cadono sullo Yemen. Ma le tensioni sono tutte sull’asse Washinghton-Teheran. Perché dietro l’operazione “Tempesta di Fermezza”, guidata da Arabia Saudita e da altri Paesi Arabi, c’è la regia degli Stati Uniti d’America. L’offensiva araba ha puntato il mirino sulle installazioni militari e batterie anti-aeree alla periferia di Sanaa. Dove il ministero della Salute denuncia la morte di almeno 18 civili a causa dei bombardamenti vicino all’aeroporto. Le forze filo arabe hanno così impedito che lo Yemen hanno cadesse nelle mani degli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran, e della fazione delle forze armate fedeli all’ex “uomo forte” Ali Abdullah Saleh. Raid cominciati nel corso della notte scorsa e andati avanti per l’intera giornata. Nel pomeriggio è stata colpita anche una base militare nella provincia di Taiz, a circa 200 chilometri da Sanaa. Sarebbero impegnati, secondo la tv al Arabiya, 150 mila soldati e almeno 100 aerei caccia. Ma anche le navi. Della coalizione araba fanno parte Egitto, Giordania, Emirati arabi uniti, Kuwait, Qatar, Bahrein, Marocco e Sudan. Il Pakistan, invitato ma Paese non arabo, si è riservato di rispondere. Da Barack Obama, invece, è giunto pieno supporto da un punto di vista logistico e di intelligence.

IL SUMMIT EGIZIANO
Uno snodo cruciale per il futuro dello Yemen passa per questo fine settimana con il vertice della Lega araba che si terrà in Egitto, a Sharm El Sheikh. Al vertice prenderà parte anche il presidente yemenita Abdo Rabbo Mansur Hadi, fuggito via mare da Aden. Cresce, intanto, il fronte degli interventisti via terra. Fonti vicine al Cairo parlano di un intervento guidato da sauditi ed egiziani. Il segretario generale, Nabil el-Araby, ha espresso la “determinazione” dell’organizzazione dei Paesi arabi a “sostenere totalmente” l’operazione contro gli Huthi. Gli sciiti si dicono pronti a resister agli attacchi. A parlare è stato il portavoce Mohammed al Bukhaiti ad Al Jazira: “Non chiediamo sostegno all’Iran e a nessun altro, siamo fiduciosi nelle nostre forze”.

UN’AZIONE SCONSIGLIATA
E proprio l’Iran ha avvertito: “I bombardamenti sono un passo pericoloso che peggiorerà la crisi”. Prospettando così una nuova e rovinosa guerra nel Golfo. Siria e le milizie libanesi di Hezbollah hanno condannato duramente l’aggressione. L’Onu punta al dialogo, Ban Ki-Moon ha avvertito: “I negoziati rimangono l’unica opzione per risolvere la crisi yemenita”, Come anche l’Ue che per bocca dell’Alto rappresentante della politica estera, Federica Mogherini, si è detta convinta che “l’azione militare non sia una soluzione”. Contrario alla guerra di terra pure l’Iraq. Mentre proprio a Tikrit, nella città dell’ex dittatore, Saddam Hussein, Usa e Iran sostengono, fianco a fianco, il governo a guida sciita per tenere lontana la minaccia jihadista. Questione di latitudini. E non solo.