Caccia alla Gomorra dei salotti

Di Giovanni Trizian e Nello Trocchia per l’Espresso

«La camorra si é solo inserita in un sistema già corrotto da politica e imprenditoria». E’ uno dei passaggi della requisitoria del pm Antonello Ardituro durante il processo che vede alla sbarra politici e imprenditori legati al clan di Gomorra. Complicità, connivenze, collusioni. Proprio questo è il nuovo fronte aperto dalla procura antimafia di Napoli per stanare il secondo livello.

La direzione distrettuale antimafia punta alla borghesia che ha protetto uomini e alimentato affari della più potente organizzazione criminale campana degli ultimi anni, ora annientata nel suo dominio militare. Gli inquirenti, da quanto risulta a “l’Espresso”, stanno concentrando ogni sforzo per colpire la zona grigia e sono in attesa dei risultati investigativi frutto di anni di inchieste.

Ora non ci sono più padrini e picciotti da arrestare, ma nella lista solo politici, imprenditori, professionisti e servitori infedeli dello stato che hanno prestato il loro servizio al clan dei casalesi.
Quella politica connivente contro la quale il magistrato Ardituro si è scagliato in aula: «I camorristi come Antonio Iovine si arrendono mentre i politici no. Ciò avviene perché nel casertano la politica ha più colpe della camorra e i politici hanno più da perdere rispetto ai camorristi».

L’abbraccio mortale tra politica, clan e impresa, come lo hanno definito i pm anti-camorra di Napoli, è tutto ancora da sciogliere. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Luigi Cesaro, deputato di Forza Italia, ed ex presidente della provincia di Napoli. L’onorevole azzurro è stato raggiunto da una richiesta di arresto, ora al vaglio della Camera, per concorso esterno in associazione camorristica. Ma erano noti alle cronache fin dagli anni ottanta, ancor prima di Nicola Cosentino, i contatti e i rapporti di Cesaro con la galassia criminale napoletana.

Nelle carte dell’inchiesta a suo carico c’è il colloquio in carcere tra il boss della nuova camorra organizzata Raffaele Cutolo che alla nipote spiegava il ruolo del politico negli anni ottanta: «Questo mio avvocato di Sant’Antimo che è diventato importantissimo…e mi deve tanto…faceva il mio autista figurati». Da Cutolo fino ai Casalesi. Il pentito Gaetano Vassallo e il collaboratore Luigi Guida hanno confermato l’incontro con Luigi Cesaro per parlare di affari. Vassallo ha raccontato di un rapporto datato con Cesaro e fratelli. E ha così definito il deputato di Forza Italia: «Egli non è un “politico-camorrista”, ma un “camorrista-politico” perché solo una persona che ha una caratura camorristica può incontrarsi con un personaggio di spicco della camorra come Luigi Guida detto “’o Drink” che, al tempo, era latitante».

Dopo i due plenipotenziari di Forza Italia in Campania l’attenzione è rivolta ad altri soggetti politici, finora mai sfiorati dalle inchieste, che rischiano di finire nella rete degli inquirenti. Non è finita con la richiesta di arresto per Cesaro, insomma. I livelli di contaminazione della classe dirigente vanno ben oltre e queste inchieste avranno il loro epilogo nei prossimi mesi. Con la richiesta di arresto dell’ex presidente della provincia si è chiusa una fase che ha avuto origine dalle dichiarazioni di Gaetano Vassallo, ministro dei rifiuti del clan. Ora si sta aprendo una seconda fase di contrasto al crimine organizzato casertano. Al netto della pesante collaborazione di Antonio Iovine, primula rossa dei Casalesi, ora pentito. Una collaborazione, quella di Iovine, che è solo agli inizi. Ma ha già prodotto i suoi effetti. Alcune sue dichiarazioni infatti sono state inserite nel fascicolo su Cesaro: secondo il pentito il capo zona di Aversa era in contatto con il deputato, per questo, spiega ai pm, era una persona «avvicinabile».

L’atto di accusa del pm Ardituro è rivolto anche a chi, di fronte alla fine della cupola dell’organizzazione criminale, ha tentato di riabilitarsi. Imprenditori, per esempio, che per rientrare negli appalti pubblici hanno denunciato cercando di ingannare gli inquirenti. E politici che all’improvviso hanno scoperto la passione dell’antimafia. Per la prima volta le inchieste potranno mettere fine al teatrino. Uno spettacolo impietoso in cui gli attori giocano al si salvi chi può, senza mai però cedere alla tentazione di collaborare con la magistratura.

Ardituro ha tuonato in aula con un «vergognatevi» rivolto ai politici imputati, e ha chiuso con un invito amaro: “Arrendetevi”.
Un consiglio anche a tutti quelli che, con i voti dei clan, hanno fatto carriera e si credono intoccabili.