Cambi in corsa dappertutto: così il Movimento 5 Stelle non è credibile

Dal Parlamento alle amministrazioni locali, la quantità dei rappresentanti scelti e quasi subito ripudiati dal Movimento è elevatissima

Se non è dilettantismo, di sicuro c’è una spaventosa impreparazione nella scelta della classe dirigente. Dal Parlamento alle amministrazioni locali, la quantità dei rappresentanti scelti e quasi subito ripudiati dal Movimento è elevatissima rispetto al numero ancora modesto degli eletti a ogni livello. I casi più eclatanti sono ovviamente quelli di Roma e Torino, le maggiori città conquistate da Grillo, ma di persone sbagliate al posto sbagliato – almeno dal punto di vista del M5S – ce n’è in abbondanza a ogni latitudine raggiunta dai pentastellati.

Roma – Nella Capitale il balletto degli assessori e alti dirigenti è da guinness dei primati. Non solo gli assessori, ma anche i più alti dirigenti hanno iniziato a saltare sin da subito come birilli. Eclatanti i casi del capo di gabinetto Carla Raineri e dello “Rasputin” del Campidoglio, Raffaele Marra, finito poi in carcere per un presunto caso di corruzione insieme all’immobiliarista Sergio Scarpellini. A passare le porte girevoli della giunta sono stati invece Paola Muraro (Ambiente), raggiunta da un avviso di garanzia del quale il sindaco Virginia Raggi ha dato notizia solo dopo diverse settimane in audizione in Parlamento; Marcello Minenna (Bilancio), lasciato senza poteri nonostante la delega sulle aziende partecipate e “isolato” dal cerchio magico del primo cittadino dopo l’uscita della Raineri; Raffaele de Dominicis (Bilancio), silurato in meno di 72 ore dopo la scoperta che a indicarlo era stato l’avvocato Pieremilio Sammarco, legato all’ex ministro e legale di Berlusconi Cesare Previti, a capo con il fratello Alessandro dello studio dove la Raggi svolse la pratica forense); Paolo Berdini (Urbanistica) accusato di essersi messo di traverso nella vicenda dello stadio della Roma; Andrea Mazzillo (Bilancio) considerato vicinissimo alla sindaca e al suo ex vice Daniele Frongia (poi ridimensionato per lasciare il posto di vice sindaco a Luca Bergamo), espropriato di tutte le deleghe (dal patrimonio al Bilancio) per chat interna o via Facebook. Un trattamento che non lascia dubbi sulla profondità della rottura dopo le dichiarazioni di autonomia rispetto soprattutto all’assessore Massimo Colomban, fedelissimo di Davide Casaleggio. A proposito di Colomban, il ricco imprenditore veneto prestato (poco) alla politica romana, a giugno scorso aveva fatto trapelare l’intenzione di lasciare a settembre prossimo l’incarico. Una fuga che per non allungare la catena degli abbandoni forse adesso deciderà di rinviare. Oltre agli assessori silurati dopo l’incarico, a Roma c’è anche un assessore cacciato prima ancora di cominciare. Si tratta del campione di rugby Andrea Lo Cicero (Sport) mai arrivato alla meta della giunta nonostante il suo nome fosse stato fatto in lungo e largo. A chiudere l’elenco dei ripensamenti clamorosi nella Capitale, dove nei piani più bassi dell’amministrazione si contano molti altri “stop and go”, non si può prescindere dall’ex capo della segreteria della Raggi, quel Salvatore Romeo chiamato dai magistrati a rispondere dell’accensione di quattro polizie vita con beneficiario la sindaca.

Torino – È durata poco a Torino l’esperienza di assessore all’Ambiente di Stefania Giannuzzi, rimossa dalla sindaca Chiara Appendino dopo pochi giorni dalla calca del 3 giugno scorso in piazza San Carlo, dove una donna è morta e 1.527 persone sono rimaste ferite. Ufficialmente il siluramento non è collegato a questo episodio, ma la vicenda non poteva non vedere qualche testa mozzata in Comune.

Gela – È stato uno dei primi sindaci Cinque Stelle, nella difficile Gela, in Sicilia, ma questo non ha salvato dall’espulsione Domenico Messinese, cacciato nel dicembre del 2015 con l’accusa di aver fatto assumere la sua assistente personale come “istruttrice amministrativa”, non essersi ridotto lo stipendio e aver avallato una politica filo-Eni.

Quarto – Il caso di Rosa Capuozzo è stato tra quelli che hanno messo più a dura prova la base grillina. La sindaca di Quarto (Napoli) è finita sotto inchiesta a gennaio 2016 per infiltrazioni camorristiche. Lei si è difesa con forza, coinvolgendo i big dei Cinque Stelle Roberto Fico e Luigi Di Maio. Grillo non ha gradito ed è stata espulsa. Oggi è ancora sindaco ma senza il simbolo con cui è stata eletta. Una sorte simile a quella del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, riconfermato alle ultime elezioni amministrative dove ha corso contro il M5S vincendo. Per lui il Movimento non ha adottato la deroga passata ad esempio per Filippo Nogarin, eletto nel 2014 sindaco di Livorno e poi coinvolto in un’inchiesta sulla gestione dei rifiuti. Caso per il quale ha ricevuto un avviso di garanzia esattamente come il neo assessore al Bilancio di Roma, Gianni Lemmetti.