Cartoline dall’inferno alla politica. Così fermiamo i migranti. Miliziani libici torturano chi cerca di partire. E a noi va bene purché calino gli sbarchi

Si riuniscono con la promessa di fare più politiche di Sinistra e poi nella direzione Pd parlano di tutto tranne che della morte di migliaia di migranti

Si dicono di Sinistra, si riuniscono con la promessa di fare più politiche di Sinistra e poi nell’intera direzione del Pd di ieri parlano di tutto tranne che della tragica morte di migliaia di persone. È in questa incapacità di cogliere il senso più profondo della politica che si spiega la fine dei partiti, per non dire dell’impegno e del sogno di generazioni che volevano cambiare il mondo. Lo scenario disarmante della crescente disaffezione al voto è infatti la comprensibile fuga da un intero modello politico non solo inefficace nell’affrontare i problemi, ma persino vile di fronte alla realtà, soprattutto se questa si presenta cruda e drammatica. Così la cartolina arrivata direttamente dall’inferno, con l’orrore dei lager dei migranti in Libia, non ha lasciato traccia nel dibattito tra i dirigenti dem, partito che con il ministro Marco Minniti su questa fotografia ci ha messo il francobollo. E dire che l’immagine è agghiacciante. Nella stanza delle torture centinaia di persone sono trattate in un modo che indignerebbe e farebbe partire ovunque ondate di protesta se solo si riscontrasse qualcosa di simile per le bestie destinate al macello. Centinaia di migranti sono accatastati l’uno sull’altro, imprigionati in condizioni che frantumano il senso stesso dell’umanità, torturati e uccisi per fare arricchire i trafficanti di uomini autorizzati dalle tribù libiche, con la copertura del malfermo governo locale, e la grande soddisfazione di chi può vantarsi di una diminuzione degli sbarchi dall’Africa verso l’Italia e l’Europa.

Chi non arriva è ammazzato, o è venduto come schiavo, a meno che le famiglie di origine non paghino enormi riscatti. Ce n’è abbastanza per richiamarsi ai crimini contro l’umanità della Germania nazista o della guerra altrettanto criminalmente ignorata per anni tra le etnie slave, giusto per restare ad alcune tra le vergogne incancellabili della nostra cristianissima e civilissima Europa. La storia è raccolta da Alessandra Ziniti e Francesco Patanè ieri su Repubblica. Qualche raro fortunato è riuscito a scappare dall’incubo del Ghetto di Sabha. Con le cicatrici indelebili nell’anima e una fotografia in mano hanno convinto la Direzione distrettuale antimafia di Palermo a occuparsi di un crimine che ci appartiene, anche se chi lo commette sta a centinaia di chilometri di distanza. Ad armare i miliziani del sedicente generale Ali, quello che viene descritto come il capo dei trafficanti di uomini, in fondo siamo anche noi, con le nostre pressioni perchè la Libia fermi in un modo o nell’altro il flusso dei disperati nel Mediterraneo.

Scafisti come santi – Gli effetti di questa strategia sono visibili persino in azioni brutali come il rifiuto della marina libica di soccorrere e far soccorrere i naufraghi in mare. Gesti plateali che non scoraggiano le traversate, perchè ormai è chiaro che c’è molto di peggio che morire affogati. Di voci dell’Aldilà che ci raccontano cosa sta accadendo ce ne sono ormai tantissime, e tutte troppo penose e dettagliate per non essere prese sul serio. Sulla nave dei bambini, come è stata definita l’imbarcazione dell’Organizzazione non governativa Sos Méditerranée arrivata il 13 ottobre scorso a Palermo, c’erano 241 minori e decine di donne stuprate. Le loro denunce, sulle quali giustamente la nostra magistratura sta indagando, non lasciano dubbi su quale meccanismo diabolico l’Europa sta tollerando pur di arginare l’invasione degli immigrati dal Nord e soprattutto dal Centro Africa. Mercenari armati al servizio di potenti bande criminali aspettano le carovane in marcia verso gli imbarchi per l’Europa. L’assalto non avviene più in prossimità delle coste, da dove è più facile pagare gli scafisti e infilarsi sulle rotte verso l’unica loro speranza di futuro. Ora i pesci finiscono già bolliti nella rete a ridosso dei confini con il Gambia, il Ciad, il Niger. Chi parte porta con se il denaro e questo è il primo bottino subito esigibile. A questo punto le donne sono sistematicamente violentate, costrette a offrirsi per un tozzo di pane o per non essere indirizzate al mercato della prostituzione.

Carne viva – Le bande dei trafficanti però non si accontentano. E se si dice che del maiale non si butta niente, questi poveri cristi trattati come carne da macello devono fare la stessa fine. Chi viene imprigionato in prigioni disumane viene torturato fin quando le famiglie – quando possono – non pagano un riscatto. Chi non ha mezzi non ha nessuna prospettiva. In questo miserabile affare però il guadagno non finisce qui. L’Europa e l’Italia non pagano ufficialmente questi criminali, ma negli accordi con i capi tribù anche noi italiani brava gente mettiamo tanti soldi. Chiudendo gli occhi se questi leader locali poi proteggono – per non dire che incoraggiano – i crimini sugli immigrati. In questa mostruosità, il più cinico degli scafisti sembra un santo. E quando vengono chieste cifre sempre più insostenibili per un posto su un gommone già semiaffondato, le famiglie devono prendere un’altra drammatica decisione su chi far partire. Ecco spiegata la nave dei bambini e delle donne, lasciate partire verso una speranza, mentre i loro padri e compagni restano intrappolati in un continenente ancora una volta martoriato. Prede per i nuovi schiavisti “autorizzati” dall’Europa, ma anche carne da cannone per il terrorismo. Milioni di persone che non vogliamo aiutare con programmi di cooperazione seri, illudendoci di pagare meno massacrandoli e umiliandoli in questo modo.