Case chiuse sì, no, forse. Il Pd litiga pure sulla prostituzione. Proposta della senatrice Bini: vanno puniti i clienti. Ma Cirinnà & Co. vogliono legalizzare il mercato

Case chiuse sì, no, forse. Il Pd litiga pure sulla prostituzione. Per la senatrice Bini vanno puniti i clienti. Ma Cirinnà & Co. vogliono legalizzare

Il tema è di quelli portanti in una società civile. Perché, come dice la senatrice Pd Caterina Bini nella relazione al disegno di legge che ha presentato in questi giorni, “in Italia le stime indicano una presenza di circa 100mila persone che si prostituiscono sia sulle strade, che al chiuso”. Da qui la necessità, ormai non più rinviabile, di intervenire in materia di prostituzione. Sappiamo bene, però, che le strade di intervento possono essere varie. Strano, però, che all’interno dello stesso partito le proposte elaborate sono diametralmente opposte. La Bini, a riguardo, ha le idee molto chiare, avendo presentato un ddl concernente “l’introduzione di sanzioni per chi si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione”. Insomma, pene esemplari anche per i “clienti”, con multe “da euro 2.500 a euro 10.000”, come si legge nel testo.

Due pesi, due misure – Eppure nel Pd c’è chi ritiene la proposta della senatrice a tratti “bigotta”. La ragione è da ritrovare nella scorsa legislatura, quando senatrici e senatori dem di prima fascia (dalla madrina delle unioni civili Monica Cirinnà, alla ministra dell’Istruzione uscente Valeria Fedeli, fino a Sergio Lo Giudice, sempre in prima linea nei diritti Lgbt) presentarono un ddl per la “regolamentazione del fenomeno della prostituzione”. Obiettivo? In sintesi, la reintroduzione delle case chiuse o “di tolleranza”, se si preferisce.  Ma c’è di più. Perché, scorrendo le relazioni delle due posizioni contrastanti, si trovano in entrambi i casi citati direttive europee. Se Cirinnà & co. ricordavano che “la commissione delle donne del Parlamento europeo già nel 1990 chiedeva agli Stati membri di decriminalizzare la prostituzione”, la Bini, a giusta ragione, sottolinea come la direttiva 2011/36/Ue definisca “la domanda (di prostituzione) come la fonte di tutte le forme di sfruttamento, correlata alla tratta di esseri umani”.

Scontro dem – Insomma, il Pd non è proprio in linea sul tema. “Io stessa ero partita da un’idea molto diversa sulla prostituzione – racconta a La Notizia – Pensavo che un provvedimento che reintroducesse la legalizzazione potesse aiutare nel contrasto allo sfruttamento e alla tratta degli schiavi. Approfondendo la questione e studiando anche tramite una rete di associazioni, ho studiato i vari modelli europei”. Da tali studi sarebbe emerso come “lì dove il fenomeno è legalizzato, è aumentato pure lo sfruttamento”. E come la si mette con gli altri del Pd? “Non sono questioni su cui si può avere una sola linea. Sono temi su cui ci si regola sulla base della propria coscienza, delle proprie esperienze, del percorso che ha fatto. È normale che in un partito come il Pd ci siano posizioni diverse. Io mi sono convinta studiando e approfondendo. Qualcuno mi ha anche accusato di essere bigotta…”. Democraticamente. Insomma, per la Bini “le case chiuse non risolverebbero il problema. In Italia c’è anche l’obbligo di pagare le tasse  e sappiamo quanta gente fa il nero”. Chissà cosa ne pensano Cirinnà & co.