Caso Diciotti, il Viminale ai magistrati: “A bordo c’era il rischio che vi fossero anche dei terroristi”. Ma il tribunale dei ministri non ne ha tenuto conto giudicando la condotta di Salvini

Emergono nuovi particolari sul caso Diciotti e l'inchiesta che coinvolge Salvini

Fonti del Viminale, in merito alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini per la vicenda della nave Diciotti, hanno riferito che vi erano fondati motivi per ritenere che a bordo della nave vi fossero ci fossero “infiltrazioni terroristiche e/o criminali”. La circostanza è stata riferita da alcuni funzionari dello stesso ministero dell’Interno davanti ai magistrati siciliani che si erano occupati dell’inchiesta che vede indagato il ministro Salvini.

Le stesse fonti, citate dall’Ansa, hanno riferito, inoltre, che la ricostruzione del Tribunale dei Ministri “non ne ha tenuto conto”. Il rischio di infiltrazioni, sottolineano dal Viminale, era emerso più volte, anche in occasione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblico che si era svolto pochi giorni prima in Calabria. Un caso era emerso, per esempio, il 24 giugno 2018 quando due tunisini sbarcati a Linosa erano risultati già espulsi dall’Italia nel 2015 per orientamenti filo-jihadisti.

I migranti che si trovavano a bordo della Diciotti, riferiscono ancora le stesse fonti, erano così stremati da potersi permettere di rifiutare, nel giro di pochissimi giorni, l’accoglienza. La maggior parte di loro, sostengono dal Viminale, lasciò i centri, preferendo frequentare “organizzazioni opache come Baobab” con l’obiettivo di lasciare il Paese e far perdere le proprie tracce. Alimentando “la possibilità di essere associati a percorsi criminali”.

Quando fu dato il via libera allo sbarco dei minori (il 22 agosto) gli stranieri decisero di restare volontariamente a bordo per terminare un rito religioso per circa due ore. E proprio la presenza di minori “sequestrati”, segnalano le fonti, aggrava la posizione del ministro.