Casse tedesche furiose. Ora super Mario rischia. Adesso le banche sono costrette a prestare il denaro e a pagare anche salato se non lo faranno

di Monica Tagliapietra

Le casse di risparmio tedesche hanno subito alzato le barricate. L’Europa profonda, quella che ha lucrato sul sangue dei greci e il sudore degli italiani, non ci sta a vedere la Banca centrale europea impegnata fino al collo per salvare un continente sull’orlo del baratro deflazione. Certi ambienti politici ed economici del Nord Europa considerano l’istituto centrale di Francoforte cosa loro, e il suo presidente Mario Draghi un eretico. Da mandar via se possibile al più presto. Magari a fare il premier in Italia, se quell’inisciplinato di Matteo Renzi non dovesse dare più le necessarie garanzie ai poteri forti che l’hanno spedito dal municipio di Firenze dritto dritto a Palazzo Chigi. A questo giro però i nemici di ogni politica economica espansiva, a partire dall’utilizzo della leva monetaria, devono soccombere. Draghi ha infatti dato quel colpo di reni che si attendeva da tempo e tagliato tutti i tassi di riferimento del costo del denaro, mentre il programma d’acquisto di titoli di Stato lanciato un anno fa (quantitative easing) sale di 20 miliardi al mese, raggiungendo quota 80 miliardi. La Bce, inoltre, potrà acquistare anche i bond emessi dalle aziende più solide, non solo titoli di Stato. Notizie che non si attendevano e che hanno naturalmente sorpreso le sale operative dei mercati, inizialmente schizzate al rialzo, per poi lasciare spazio alla volatilità con i listini che si sono improvvisamente sgonfiati. Le nuove operazioni di finanziamento agevolato (le cosiddette aste Tltro) saranno quattro, a partire dal prossimo giugno, e la montagna di soldi che potranno assegnare avrà tassi che potranno scendere in negativo. Di fatto le banche potranno prendere denaro a prestito e saranno remunerate per farlo, ma solo a patto di mettere il denaro in circolo e non chiuderlo nei caveau di Francoforte o investirlo in titoli di Stato.

MOSTRO DEFLAZIONE – Può bastare per far ripartire sul serio la crescita, oggi così bassa da far intravedere il mostro della deflazione? Draghi spiegando la sua mossa ha chiarito che questa dovrà servire ad “agevolare ancora le condizioni di accesso al credito” e riportare l’Eurozona vicino all’obiettivo di inflazione al 2% (a febbraio, ultima rilevazione Eurostat, i prezzi erano negativi). L’uso della leva monetaria, da solo, potrebbe però non bastare. I tassi sono bassi da tempo, ma se poi le banche non danno il denario alle imprese che producono, queste condizioni di favore arricchiscono i mercati finanziari senza portare alcun beneficio alla cosiddetta economia reale. E senza le piccole imprese ll’opera, soprattutto in Paesi come l’Italia, c’è da dimenticarsi la ripresa economica e il calo della disoccupazione.

PIÙ TEMPO – La mossa di Draghi, peraltro, non è stata votata all’unanimità dal direttorio della Bce, e per questo lo stesso presidente dell’Eurotower ha lanciato una stoccata ai falchi tedeschi: “Immaginate se non avessimo fatto niente, avessimo incrociato le braccia dicendo ‘nein zu allen’, no a qualsiasi cosa. Oggi ci ritroveremmo con una disastrosa inflazione”. Draghi ha poi spiegato che l’orizzonte temporale del Quantitative easing è il marzo 2017, ma si potrà andare oltre “se la Bce lo riterrà necessario”. Tutte azioni che non potevano lasciare insensibili i mercati, partiti a razzo e poi ritracciati, ma da ieri molto più ricchi di liquidità.