Catalogna ad alta tensione. Rajoy minaccia elezioni anticipate. E la linea dura di Madrid fa incrinare il fronte indipendentista

Il giorno della verità per la Spagna. Della resa dei conti tra Madrid e la Catalogna. Alle 18 il parlamento catalano riferirà sul referendum

È il giorno della verità per la Spagna. Della resa dei conti tra il governo di Madrid e quello Catalano. Alle 18 il parlamento catalano dovrà riferire ufficialmente sui risultati del referendum dello scorso 1 ottobre. Dalla bocca del presidente catalano Carles Puigdemont potrebbe arrivare l’attesa dichiarazione di indipendenza. Che non sarebbe senza conseguenze come preannunciato dal primo ministro spagnolo Mariano Rajoy: “La Spagna non sarà divisa e l’unità nazionale sarà preservata. A questo fine, utilizzerò ogni strumento che ci mette a disposizione la legge”, ha sottolineato Rajoy, “Spetta al governo prendere decisioni e farlo al momento giusto. Credo che sappiano cosa gli spagnoli pensano e dovrebbero sapere che anche il governo ha chiaro quello che si deve fare”. Rajoy che adesso può contare anche sul sostegno politico dei socialisti nel caso decidesse di attuare una soluzione dura e legalitaria per chiudere ogni possibilità d’indipendenza per i catalani. Il Psoe, quindi, appoggerà la risposta dello Stato spagnolo qualora fosse necessaria in risposta all’eventuale dichiarazione d’indipendenza. Al fine di scongiurare una situazione che potrebbe diventare drammatica  il segretario de partito Pedro Sanchez ha chiesto, al fianco del leader dei socialisti catalani, Miquel Iceta, ai vertici catalani di escludere la soluzione indipendentistica. Vedremo quale sarà la portata della decisione catalana che può variare da un’indipendenza formale, immediata o differita. Ma Rajoy potrebbe decidere di utilizzare l’articolo 155 della Costituzione per sospendere l’autonomia catalana, destituire Puigdemont, sciogliere il parlamento convocando, così, elezioni anticipate con tanto di  dichiarazione dello stato d’emergenza. Ad esasperare ancor di più i toni ci ha pensato Pablo Casado,  vicesegretario dello stesso partito di Rajoy, che ha minacciato il presidente catalano Puigdemont. Se dovesse dichiarare l’indipendenza “rischia di finire come il suo predecessore Lluis Companys che nel 1934 proclamò una effimera repubblica catalana. Durò 11 ore”, ha ricordato Casado, “Poi intervenne l’esercito spagnolo, venne arrestato, processato e condannato a 30 anni. I franchisti lo fucilarono nel 1940”. Un’affermazione che dà il senso della temperatura politica percepita in Spagna.

Clima infuocato – Già impiegate misure speciali per la sicurezza. Il Tribunale superiore di giustizia di Catalogna ha ordinato che a gestire la sicurezza e la vigilanza del palazzo di Giustizia deve essere la Polizia nazionale e non più i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, che finora si è occupata della custodia dell’edificio. Timidi appelli all’unità sono arrivati anche da molti leader europei che hanno percepito con forte ritardo la portata del voto catalano. Risultato che, invece, non è stato sottovalutato dalle aziende che continuano a preparare le valige per trasferirsi fuori dal territorio catalano, temendo le conseguenze dell’ondata secessionista. Una lista sempre più lunga che non può essere ignorata.