C’è un’economia che non arretra. L’illegalità in Italia vale 150 miliardi. La denuncia di Bankitalia: perso il 10% del Pil. E il crimine allontana molti investimenti esteri

In un mondo che gira al contrario pretendere dai governi la coerenza è un’utopia. Solo così possiamo digerire che un giorno l’economia illegale (compresa la prostituzione il traffico degli stupefacenti, la contraffazione e il gioco illegale) diventi buona per calcolarci il Pil nazionale e un altro il governatore della Banca centrale ci spieghi che questa stessa economia vale 150 miliardi l’anno, uccida il tessuto sano del Paese e ci fa perdere immensi investimenti dall’estero. Eppure è così che va, e ieri il numero uno dell’istituto di Via Nazionale, Ignazio Visco, ha spiegato in Commissione antimafia che la pesante infiltrazione della criminalità produce questi disastri.

DATI INQUIETANTI
Secondo Visco l’economia illegale in Italia nel quadriennio 2005-2008 peserebbe oltre il 10% del Pil, pari quindi a 150 miliardi di euro. Dieci volte più di quanto stimi l’Istat, che nel 2011 ha valutato il valore delle attività fuorilegge solo lo 0,9% del Pil. Il prezzo più alto che alla fine paga il Paese però non è il monte di risorse ovviamente sottratte al Fisco, ma l’effetto deterrente che tutte queste attività esercitano sugli investimenti esteri. “Se le istituzioni italiane – ha detto Visco – fossero state qualitativamente simili a quelle dell’area dell’euro, tra il 2006 e il 2012 i flussi di investimento esteri in Italia sarebbero risultati superiori del 15% – quasi 16 miliardi di euro – agli investimenti diretti effettivamente attratti nel periodo”. Tra gli esempi portati a sostegno di questa tesi c’è il confronto tra “quanto accaduto in Friuli Venezia Giulia e in Irpinia dopo i terremoti del 1976 e 1980, in seguito all’afflusso di fondi pubblici: nel corso dei trent’anni successivi, in Friuli Venezia Giulia, dove la criminalità organizzata non era presente, la crescita del Pil pro capite è stata superiore di circa 20 punti percentuali a quella osservata in una regione omologa mentre in Irpinia, dove la criminalità organizzata era fortemente radicata, la crescita del Pil pro capite è stata inferiore di circa 12 punti percentuali”.

LA RICETTA
Resta il problema di come arginare questa emoraggia e bilanciare il peso dei flussi di denaro verso i paradisi fiscali. Tra le contromisure messe in campo da Bankitalia Visco ha rilanciato il ruolo della Uif, l’Unità di informazione finanziaria. Struttura scondo cui a parità di altre condizioni, i flussi finanziari indirizzati verso i cosiddetti paradisi fiscali sono di circa il 36% più elevati di quelli verso gli altri paesi esteri.