Chi ama la cultura spera in Rutelli al Quirinale. Ex Radicale e papà politico di Renzi. Piace a Usa e Cina. E al Vaticano

Tra i politici in prima fila negli ultimi vent’anni, Francesco Rutelli sembra mantenere la promessa di prendersi un periodo “sabbatico” rispetto alla mischia politica italiana. Ha preso molti impegni all’estero. Però certamente non è partito per l’Africa. Quando è affiorato il suo nome, alle domande sul toto-Quirinale è stato tranchant. A “Un giorno da Pecora”, con ironia (“questa è un’ottima domanda per un programma satirico”); dopo qualche retroscena che indicava il suo nome (e un sondaggio Datamedia che gli attribuiva un 12% di preferenze per il Colle): “si, posso andare al Quirinale, però per collaborare a fare finalmente il Museo della Cultura italiana, che ho proposto sul Corriere della Sera”.

EUROPA
Che fine ha fatto in questi mesi l’ex-vicepremier del centro-sinistra? È davvero fuori dalla politica? Un piede lo mantiene a Bruxelles, dove è stato rieletto co-Presidente, con il centrista francese Bayrou, del Partito Democratico Europeo: una dozzina di parlamentari dentro il gruppo liberal-democratico. Essendo un “padre” politico legittimo di Matteo Renzi, Rutelli non ha fatto mancare giudizi di incoraggiamento e simpatia, ma anche opinioni critiche, ad esempio sulla riforma del Senato voluta dal premier fiorentino. Quando il suo storico spin doctor, Paolo Gentiloni, è stato promosso a sorpresa alla Farnesina, l’ex-Sindaco di Roma ha festeggiato, e molti si sono accorti che mezzo governo Renzi è fatto di suoi allievi (qualcuno lo ha tradito, molti restano ancora amici): il Foglio, con il neo-direttore Claudio Cerasa, ha titolato “ecco er Governo Rutelli”. Ma Rutelli tiene un basso profilo rispetto al Palazzo che ha frequentato per trent’anni, dall’ingresso alla Camera con i radicali nell’83, fino alla Legislatura in cui ha guidato il Gruppo del Terzo Polo al Senato (un’esperienza finita nelle malferme braccia di Mario Monti). A Montecitorio non si fa vedere mai, a differenza di altri ex-inquilini illustri che non resistono lontani dalla buvette e del Transatlantico.

LEADER ANOMALO
L’anomalia rutelliana non è tanto nell’instancabile proporre nuove iniziative, associazioni, o movimenti politici (i critici spesso lo hanno “beccato” su una storia che dai radicali, ai Verdi, alla Margherita, al PD e poi al Terzo Polo, ha tradotto in questo florilegio l’inquietudine di chi non è mai appartenuto alle famiglie storiche della politica, dal PCI alla DC). Piuttosto, nello spostamento fuori dall’Italia di buona parte delle sue iniziative. Sarà che in Italia la visibilità della famiglia Rutelli si è rovesciata a vantaggio della moglie Barbara Palombelli: nonostante previsioni scettiche, la sua conduzione del nazional-popolare “Forum” sulle reti Mediaset si è rivelata un successo.
Dunque, il capo-famiglia ha puntato sull’estero. Nel 2013 è stato nominato Presidente onorario dell’Institute for Cultural Diplomacy di Berlino, una ONG che forma centinaia di giovani dei 5 continenti sui temi della diplomazia culturale e dei diritti umani, di cui fanno parte esponenti di governo ed ex-primi ministri di vari paesi. Poi, ha creato il Cultural Heritage Rescue Prize, assieme a personaggi di prim’ordine della cultura internazionale: dall’ex-ministro francese Jack Lang al direttore della Biblioteca di Alessandria Ismail Serageldin, dai rappresentanti dell’Unesco e di varie istituzioni culturali internazionali alla Presidente del World Monuments Fund, Bonnie Burnham.
Proprio questa grande centrale newyorkese della tutela del patrimonio culturale mondiale sta puntando sull’ex-Ministro della Cultura italiano: la settimana scorsa, a Yangon, Rutelli – come Presidente dell’associazione che ha fondato, Priorità Cultura – è stato il relatore principale della conferenza internazionale per salvare dalla distruzione l’eccezionale patrimonio dell’ex-capitale birmana.

STATI UNITI
Non sono una novità i suoi buoni rapporti transatlantici (con l’American Academy e l’Ambasciata USA a Roma, e la sua Fondazione ‘green’, Futuro Sostenibile, Rutelli ha organizzato lo scorso dicembre un convegno sul primo Ambasciatore americano in Italia, George Perkins Marsh, un ambientalista ante litteram). Nuovo, invece, il Rutelli “cinese”: solo negli ultimi 7 mesi, tre volte a Pechino (e a Shanghai e Hong Kong), dove ha stretto un gemellaggio con la China Public Diplomacy Association nei campi delle industrie culturali e creative. Si tratta della principale organizzazione del soft power cinese, e proprio la scorsa settimana l’ex-Sindaco di Roma è stato nominato Presidente del Comitato direttivo della Silk Road Cities Alliance, col compito di far cooperare con iniziative culturali ed economiche (e sulle industrie del cibo, in collegamento con l’Expo 2015) alcune città italiane e le principali città cinesi. La Via della Seta, sia terrestre che marittima, è uno dei punti fissi di Xi Jinping: non solo perché il Presidente cinese è originario di Xi-an (la città dei guerrieri di terracotta, all’origine della Via della Seta), ma per le nuove relazioni economiche ed energetiche dell’Asia-Pacifico. Occuparsi di rapporti tra città, più che tra Stati, potrà consentire a Rutelli di sviluppare iniziative senza controversie politico-diplomatiche. Pare che l’incarico che sta più a cuore a Rutelli sia, però, quello che ha ricevuto per indicazione di Papa Francesco. Sempre all’estero, insomma, anche se a Roma: quello di coordinatore dell’ufficio che si occupa delle vie storiche e religiose, di cui la principale è la via Francigena.

OLTRE TEVERE
Più volte l’ex-Sindaco del Giubileo ha organizzato riunioni in via della Conciliazione per conto del Pontificio Consiglio della Cultura presieduto dal Cardinale Gianfranco Ravasi, ed è tornato negli uffici del Comune e della Regione a martellare per il miglioramento dei percorsi dei pellegrini, camminatori e visitatori che vogliono riscoprire Roma a piedi. Non più grandi opere, insomma, ma un lavoro piuttosto umile nei meandri della burocrazia romana: a sentire i suoi collaboratori, pare sia più difficile rendere calpestabile oggi un sentiero in un parco, che non aver costruito l’Auditorium, o il sottopasso di Castel Sant’Angelo. Se poi tutte queste attività servano al ”nuovo Rutelli” a lasciare davvero la politica, oppure a rientrarci da una porta diversa, lo scopriremo presto.