Chi ha paura di Orbàn con Salvini. Sinistre e metà Ppe furibondi: rischiano grosso. Dai migranti all’economia, ecco dove porta il fronte sovranista

La Sinistra entra tutta in piazza San Babila mentre Salvini e Orbàn mettono insieme decine di milioni di europei allarmati dall’invasione dei migranti

La Sinistra entra tutta in piazza San Babila mentre Salvini e Orbàn mettono insieme decine di milioni di europei allarmati dall’invasione di altrettanti milioni di migranti in fuga dall’Africa e dall’Asia. Sta in questi numeri la dimensione di due fronti tra loro più distanti dei villaggi da cui arrivano questi disperati, siano mossi da motivi economici o umanitari poco importa. Il faccia a faccia tra il leader della Lega e il premier ungherese che guida il cartello di Visegrad salda il fronte più avanzato dei cosiddetti populisti contrari a ogni forma di immigrazione verso il nostro continente, per quanto con alcune importanti differenze. Per gli avversari politici si tratta di un abbraccio tra incoerenti, in quanto l’italiano vuole che l’Europa redistribuisca i migranti in arrivo mentre l’ungherese non vuole prenderne in carico nessuna quota. Il campo di attrazione tra i due è però fortissimo, così come il progetto di capitalizzare il loro consenso alle prossime elezioni europee.

Con Salvini “vorrei fare una conoscenza personale. Lui è il mio eroe”, ha detto il primo ministro ungherese, definendo il segretario del Carroccio “un compagno di destino”. Destino che però gli ha fatto incontrare prima Silvio Berlusconi, al quale Orbàn ha chiesto una sorta di permesso prima di un vertice che qualcuno ha sintetizzato tra il maestro e l’allievo del populismo in Europa. Fatto sta che lo stesso Salvini ha avuto gioco facile nel ricordare come l’Ungheria, con la sua politica protezionistica, sia oggi in una situazione economica che qui in Italia ci sogniamo, con la disoccupazione sotto il 5%, la Flat Tax per le imprese al 9% e per le persone al 15%, l’immigrazione sotto controllo e l’economia che cresce del 4% (da noi l’Ocse stima all’1,2%).

Strada per le riforme – Come funziona la ricetta economica degli ungheresi alla Sinistra italiana e a mezzo Ppe interessa però ben poco. Vedere Milano trasformata per un giorno nella capitale di una internazionale sovranista fa dimenticare le mille divisioni che hanno scomposto quest’area politica fino alle dimensioni dell’atomo, in un mare di sigle, tutte schierate ieri di fronte al presunto pericolo maggiore: la saldatura di una destra antica e moderna, con i suoi nazionali, la chiusura delle frontiere e soprattutto un’alleanza capace di mettere all’angolo socialisti e democratici, cambiando le radici stesse dell’Unione in nome della sicurezza. Un obiettivo che la stessa Ue sta offrendo ai movimenti populisti su un piatto d’argento, con la propria ipocrisia e indeterminatezza sull’accoglienza. A spiegare cosa fa superare al partito di maggioranza ungherese e alla Lega la loro presunta incoerenza è stato lo stesso Orbàn. “I Paesi – ha spiegato – si suddividono in due grandi blocchi. Qual è l’obiettivo della nostra politica? Bruxelles dice, e così tedeschi, francesi e spagnoli, che la loro politica consiste nel gestire al meglio l’immigrazione. In tutti i documenti europei si dice questo. Noi, che siamo nel campo opposto, diciamo invece che l’obiettivo è fermarla. Per questo noi e Salvini abbiamo la stessa posizione”.

Colpo alle burocrazie – Ma una futura alleanza che riporti al centro i valori che i movimenti (e ora anche i governi) di Italia e Ungheria rappresentano è davvero possibile? Di sicuro si tratta di forze politiche molto diverse, con un solo vero collante: escludere le sinistre per fare finalmente alcune grandi riforme, a partire dal trattato di Dublino che ingessa i Paesi naturalmente più esposti all’arrivo dei migranti, ma che non dimentica la partita economica. Politiche protezioniste da applicare a sostegno delle imprese, dell’agricoltura e del lavoro europeo sacrificato da un globalismo che ha svilito le nostre produzioni. Un terreno sul quale gli elettori e i soggetti economici spremuti da una crisi che l’Europa con la sua burocrazia non ha saputo gestire, oggi possono scegliere tra la speranza dei polupisti e il fallimento già visto con le sinistre al comando.