Ci vuole un attimo per innamorarsi, e anche per divorziare

di Francesca Schianchi per La Stampa

«Ce l’abbiamo fatta», sorride nel Transatlantico di Montecitorio il deputato forzista Luca D’Alessandro, sotto braccio un fascio di documenti, gli emendamenti alla legge sul divorzio breve di cui è relatore con la democratica Alessandra Moretti: in meno di un’ora la Commissione giustizia alla Camera ha licenziato e inviato in Aula, dove è in calendario per il 26 maggio, un testo rivoluzionario rispetto alle leggi attuali. Ti separi a inizio estate e il Capodanno lo festeggi da divorziato: non più 3 anni, come deciso da una legge del 1987 (quella originaria, del 1970, ne prevedeva 5), ma un anno di separazione per ottenere il divorzio, solo sei mesi se si tratta di un divorzio consensuale, dal momento in cui viene notificato al coniuge il ricorso.

Con il solo voto contrario del deputato del Nuovo centrodestra Alessandro Pagano, e l’assenza della Lega, passa in Commissione una proposta ancora più avanzata rispetto a quella che avevano presentato i relatori (un anno per il divorzio giudiziale e nove mesi per il consensuale). Gli emendamenti hanno ridotto ulteriormente i tempi: accolti in buona parte quelli del Movimento Cinque stelle, che poi rivendica di aver «contribuito a dare la vera novità a questa proposta». Ritirate invece alcune proposte che prevedevano il divorzio «diretto», con scioglimento del matrimonio senza separazione, che difficilmente avrebbero potuto ottenere un consenso trasversale.

Soddisfazione dal relatore forzista (la Moretti, candidata alle Europee, è assente per la campagna elettorale, «le ho mandato un sms», condivide il successo D’Alessandro) ma anche da varie forze politiche, dal Pd («un passo avanti di civiltà giuridica e sociale», lo definisce la presidente della Commissione, Donatella Ferranti) a Forza Italia («avanti con una norma di civiltà», sprona la deputata Elena Centemero) al M5S, il cui voto favorevole in Aula, secondo il deputato Alfonso Bonafede, autore di uno degli emendamenti che hanno ridotto i tempi, è «scontato», il Movimento «porterà avanti questa proposta».

Il solo voto contrario arriva da Pagano di Ncd, che parla di «scenari inquietanti». Così, è probabile che in Aula si assisterà a un voto trasversale agli schieramenti e alla maggioranza.

Fuori dal Parlamento arrivano però anche bocciature. Secondo don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della famiglia, «anticipare i tempi per disfare una famiglia» porta a «disgregare la stessa società che sulle famiglie si regge», e si augura «un passo indietro, anzi un passo avanti». Non è soddisfatta nemmeno la Lega italiana per il divorzio breve, secondo cui il testo è sì un «buon passo avanti rispetto alla illogica e penalizzante normativa attuale», ma chiamarlo «divorzio breve» significa «ingannare gli italiani» e la richiesta resta quella di riconoscere «il diritto per le coppie di divorziare senza passare attraverso un preventivo periodo di separazione legale». Il 26 spetta all’Aula. Tra i supporter della legge, già delusi da tentativi falliti nelle scorse legislature, stavolta c’è ottimismo: «Tutto lascia pensare che passerà».