Codici identificativi sulle divise durante le operazioni di ordine pubblico. Nuovo appello di Amnesty al ministro Salvini e al capo della Polizia Gabrielli

Amnesty International Italia lancia una campagna affinché le forze di polizia siano dotate di codici identificativi alfanumerici individuali durante le operazioni di ordine pubblico. L’appello è stato rivolto al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e al capo della Polizia, Franco Gabrielli.

“La nostra richiesta – scrive Amnesty – cade a distanza di 17 anni da quel G8 di Geno­va del 2001: benché le violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani commesse in occasione di quell’evento siano state accerta­te in giudizio, molti fra gli appartenenti alle forze di polizia coinvolti sono rimasti impuniti, in parte proprio perché non fu possibile risalire all’identità di tutti gli agenti presenti”.

Amnesty International, già nel 2011, in occasione del decimo anniversario del G8 di Genova, aveva promosso la campagna “Operazione trasparenza. Diritti umani e polizia in Italia” con cui chiedeva al Governo di esprimere pubblicamente una condanna e delle scuse verso le vittime per le violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze di polizia durante il G8.

Nel 2012 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con cui si sollecitavano gli stati membri “a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo”. Diversi stati dell’Unione europea hanno dato seguito a questa richiesta, ma non l’Italia. Nel corso delle passate legislature, numerose iniziative parlamentari hanno sottolineato la necessità di rendere più agevole l’individuazione, laddove necessaria, dei singoli agenti adibiti a funzioni di ordine pubblico in occasione di manifestazioni. Tuttavia, queste proposte non hanno avuto esito positivo.

“Riteniamo ormai urgente – aggiunge Amnesty – che sia varata una normativa in linea con gli standard internazionali, che preveda l’utilizzo di codici identificativi alfanumerici ben visibili sulle uniformi degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico e che stabilisca che l’inosservanza di detto obbligo venga sanzionata. Il nostro auspicio è quello di intavolare un dialogo costruttivo con tutte le parti interessate, compresi i sindacati delle forze di polizia”.

“Questa campagna non è ‘contro le forze di polizia’, che sono attori chiave nella protezione dei diritti umani”, rassicura il presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi. “Affinché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e incontri la piena fiducia di tutti – ha aggiunto -, è però fondamentale che eventuali episodi di uso ingiustificato o eccessivo della forza siano riconosciuti e sanzionati adeguatamente, senza che si frappongano ostacoli all’accertamento delle responsabilità individuali. L’introduzione di misure come i codici identificativi per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico rappresenta non solo una garanzia per il cittadino, ma anche una forma di tutela per gli stessi appartenenti alle forze di polizia: una misura che non dovrebbe essere temuta né avversata da chi svolge il proprio lavoro in maniera conforme alle norme e agli standard internazionali sui diritti umani”.