Combattere da solo non basta per vincere il referendum. Renzi a terra nei sondaggi butta tutti i suoi nella mischia. Anche i ministri che non hanno funzionato

A Palazzo Chigi lo sapevano già. Il trend del referendum è tutt’altro che positivo per il Sì alla riforma. Ma gli ultimi sondaggi sono una vera mazzata.

A Palazzo Chigi lo sapevano già. Il trend del referendum è tutt’altro che positivo per il Sì alla riforma. Ma gli ultimi sondaggi, pubblicati nell’ultimo giorno permesso dalla legge, sono stati un’ulteriore mazzata. Gli istituti di rilevazione, a reti unificate, hanno constatato l’aumento del vantaggio del No durante la campagna elettorale. Certo, la consolazione è che ci sono ancora tanti indecisi. Una fetta consistente che può spostare gli equilibri. Ed è un bacino di voti fondamentale da cui Matteo Renzi vuole attingere a piene mani. Altrimenti la notte tra il 4 e il 5 dicembre si annuncia un calvario. In questo momento la parola d’ordine è “combattere”, senza farsi prendere dallo scoramento. “La mia opinione è che la maggioranza silenziosa voterà contro questo sistema esprimendo un Sì molto forte”, va ripetendo il Rottamatore sia in pubblico che in privato. La sua speranza, insomma, è che lo scrutinio sia l’ennesimo naufragio dei sondaggisti.

Correzioni – Ma al di là dell’approccio ottimista, i consiglieri di comunicazione del presidente del Consiglio, con in testa il guru Jim Messina, hanno dovuto prendere atto di un’altra dinamica: la grande offensiva mediatica renziana  in versione “uomo solo al comando” non ha portato i risultati sperati. Anzi sta sortendo un effetto contrario. Un dato che richiede una correzione di rotta immediata. Del resto già negli ultimi giorni era cambiato qualcosa. In particolare è tornata in auge la madrina della riforma costituzionale, Maria Elena Boschi, che per un certo periodo è stata meno attiva. Per carità, non si può dire che sia stata assente, ma nella cerchia renziana si sussurrava di qualche dissidio. Con conseguente raffreddamento dei rapporti. Ma Renzi, in una campagna elettorale di combattimento, non può concedersi attriti all’interno della squadra di Governo. Anche perché, per inciso, la Boschi è l’unica a essere comunicativa quasi quanto il presidente del Consiglio. Non a caso è stata lei a scortare il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nel salotto televisivo di Bruno Vespa al cospetto di un Matteo Salvini assetato di sfida e ringalluzzito dalla vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti. Proprio lei, la ministra delle Riforme, ha fatto da scudo al poco televisivo titolare dell’Economia. A Palazzo Chigi stanno testando anche la lealtà di un altro membro dell’esecutivo, il numero uno dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, indicato come un possibile congiurato in caso di stop alla riforma. L’ex deputato di Scelta civica si sta in verità spendendo parecchio davanti alla platea televisiva. Un po’ più gufo, invece, il ministro dei Beni culturali e del turismo, Dario Franceschini. “C’è oggettivamente una tendenza in questo momento a far vincere il no”, si è lasciato sfuggire, commentando gli ultimi sondaggi.

Nuovi alleati – Molti vecchi amici sono tornati a casa, come testimonia il rinnovato sodalizio con Matteo Richetti, protagonista alla Leopolda. Ma soprattutto Renzi sta trovando per strada alleati inattesi fino a qualche mese fa: l’ex candidato alle primarie del Partito democratico, Gianni Cuperlo, ha spiegato che “non bloccare questo progetto di riforma è la scelta più giusta”. Insomma, l’esponente della minoranza sta facendo una timida campagna elettorale a favore del Sì. Difficile immaginare quanti voti possa spostare effettivamente, ma la posizione dialogante ha favorito l’immagine di un Renzi non così ostile alla sinistra del Pd. O comunque ha facilitato l’accusa di pretestuosità rivolta alla minoranza dem, capeggiata da Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza. Due che guardano con soddisfazione i dati usciti fuori dagli ultimi sondaggi.