Congiunzione astrale propizia. Due anni per arraffare tutto. Il gip: l’ex grillino De Vito asservito ai palazzinari romani. Tradito con il socio dalla frenesia di spartirsi i soldi

Numerose le intercettazioni finite agli atti dell’inchiesta che ha portato all'arresto di Marcello De Vito

Nel nuovo fascicolo sulle corruzioni in Campidoglio, sono numerose le intercettazioni finite agli atti dell’inchiesta che ha portato all’arresto del presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito. Prove raccolte dalla Procura di Roma nell’arco degli ultimi mesi e in larga parte finite nella maxi ordinanza del gip Maria Paola Tomaselli che certificano, nero su bianco, l’ampiamente diffuso malaffare della Capitale. Un fenomeno tutt’altro che eccezionale perché, stando a quanto si legge nel copioso carteggio, viene affrontato dal vivo e al telefono da politici e costruttori senza particolari riguardi.

La cometa di Halley. Occasione da prendere al volo
Tra le intercettazioni principali c’è senza dubbio quella del 4 febbraio 2019 che, tra le altre cose, ha ispirato l’intera inchiesta. Si tratta di una conversazione face to face, captata in ambientale dagli investigatori, intercorsa tra l’avvocato Camillo Mezzacapo e l’allora Presidente del Consiglio comunale di Roma Capitale, Marcello De Vito. I due, da tempo in affari, dialogano liberamente e dalle loro parole, così come scrive il gip Tomaselli nell’ordinanza, traspare “una frenesia finalizzata all’elaborazione di strategie e comportamenti per la realizzazione dei loro interessi privati”. Dopo diversi minuti di dialoghi ritenuti non interessanti dai magistrati, infatti, il legale si faceva avanti e affermava: “(Marcello) tieni presente questa cosa… la congiunzione astrale che si è verificata adesso e che non credo si ripianificherà, cioè, difficilmente si riverifica una situazione simile”. Si tratta di un chiaro riferimento, per niente velato, al fatto che M5s aveva conquistato sia l’amministrazione capitolina che il Governo nazionale e la cosa, secondo il legale, andava sfruttata. A parere degli inquirenti, De Vito appariva piuttosto interessato e così l’amico, abbandonando ogni precauzione, lo esortava ad agire: “eh… questa congiunzione astrale è tipo l’allineamento con la cometa di Halley, hai capito? cioè è difficile, secondo me, che si riverifichi così… e allora noi, Marcè, dobbiamo sfruttarla sta cosa!”. De Vito annuisce, è perfettamente d’accordo con le parole dell’avvocato che, poco dopo, ribadisce l’urgenza perché il tempo scorre: “ci rimangono due anni… due anni…”.

La frenesia di spartirsi i soldi. E la prudenza dell’avvocato.
Tra le numerose discussioni, non potevano mancare quelle sugli affari realizzati da Mezzacapo e De Vito. Proprio loro, infatti, vengono captati mentre discutono dei proventi delle loro attività illecite, in parte depositati sul conto della società Mdl da loro stessi controllata. Un dialogo franco in cui l’ex grillino invita l’amico a “spartirsi i soldi” mentre il legale suggerisce prudenza almeno finchè De Vito ricoprirà ancora incarichi politici. Ancora una volta a prendere la parola è Mezzacapo che si fa letteralmente i conti in tasca: “ha pagato, manca 100… te l’ho detto, guarda che ci stanno 70… mo devo pagà ancora questa, forse 5. Se c’è qualche conguaglio”. De Vito è di poche parole e lo interrompe: “distribuiamo”. Il legale è in imbarazzo: “7 mila sono suoi, ma 60 e rotti sarebbero nostri… ci sarebbero i 10 di capitale”. L’ex grillino ha fretta: “va beh, distribuiamoceli questi”. Ma Mezzacapo prende fiato, poi precisa: “Adesso non mi far toccare niente, lasciali lì. A fine man… quando tu finisci il mandato, io ci… se vuoi non ci mettiamo altro sopra, se vuoi eh? ci facciamo mandare solo le sponsorizzazioni di Mdl”. Ma il legale va oltre e, nel tentativo di frenare la bramosia di De Vito, spiega il piano futuro per tornare in possesso del denaro faticosametne e illecitamente accumulato: “(Mdl) non la voglio tenere aperta, capito che ti voglio dì? cioè la chiudiamo, distribuiamo, poi liquidi e sparisce tutta la proprietà. Non c’è più niente e allora questo lo devi fà quando hai finito quella cosa (il mandato)”.

Stilettata per Zingaretti. Il Governatore vive di paure.
Nei pensieri degli indagati c’è spazio anche per la politica seppur analizzata sotto il loro particolarissimo punto di vista, ossia quello di chi ha interesse affinché, nel bene o nel male, vengano prese decisioni. Questa volta a finire nel mirino degli inquirenti, in un audio captato il 20 maggio 2018, sono il costruttore Luca Parnasi e l’imprenditore Claudio Toti. Secondo il gip, i due si trovano a disquisire in relazione ad un’operazione immobiliare cara a Parnasi e nella quale intendeva coinvolgere il suo interlocutore. Un dialogo in cui emerge un giudizio piuttosto negativo del Governatore Nicola Zingaretti letteralmente definito “un cacasotto terrificante”. Senza girarci intorno, l’uomo racconta a Toti che vorrebbe realizzare un progetto che riguarda gli ospedali e che ha già pronto in testa ma c’è un problema che lo preoccupa. Parnasi, infatti, racconta: “Il problema qual è Clà? è la politica! Noi abbiamo un Presidente di Regione che è un cacasotto terrificante! Nicola (Zingaretti) non si mette a fare una… cioè Nicola è fatto così? Lo conosco… ora tu dici i 5Stelle… ora non è che i 5Stelle sono meglio perchè fanno lo Stadio… però ti dicono di si o di no”. Toti conferma: “Si quello è vero!”. E l’amico riprende la parola: “Poi alla fine se tu hai una questione… cioè tu alla fine hai conosciuto Marcello De Vito, siete diventati amici, ecc. ecc. quindi alla fine due o tre persone con la testa ci sono”. Prima di cedere la parola, dopo una breve pausa, è ancora il costruttore Parnasi a parlare in quello che appare comeun momento di nostalgia: “rispetto al vecchio sistema (di corruzione) a noi… se io penso alle operazioni che ho valorizzato con papà negli ultimi 20 anni e quante ne sono partite, c’è da sentirsi male!”. E ancora: “Noi abbiamo trasformato 4 milioni di metri cubi… ora è vero che il sistema è crollato ma in realtà 15 anni per fare una trasformazione urbanistica non si può pensare”. Una conversazione giudicata dal gip di “notevole rilievo investigativo in quanto documenta che Claudio Toti, e dunque plausibilmente anche il fratello Pierluigi, conosce bene De Vito e che tale conoscenza è ben nota anche a Parnasi”. Inoltre, “nell’ambito del menzionato rapporto i fratelli Toti” conclude il gip, “hanno constatato la capacità di De Vito di assumere decisioni, ovvero adottare provvedimenti amministrativi favorevoli agli interessi del loro gruppo”.