Corriere, addio a via Solferino. L’editoria perde il suo salotto

di Sergio Patti

Niente da fare per i giornalisti di Rcs, il gruppo che pubblica, tra gli altri giornali, anche il Corriere della Sera. La battaglia è perduta. Almeno per ora. Nonostante la ferma opposizione dei dipendenti, ieri la società ha firmato il contratto preliminare di cessione del comparto immobiliare di via San Marco e via Solferino con Blackstone Real Estate Partners Europe IV, per un valore complessivo di 120 milioni di euro (tutti i dettagli sulla vicenda sul sito della Notizia e sulle edizioni cartacee del 7 e 8 novembre scorsi).

Tre lotti d’oro
Il suddetto comparto immobiliare, che oggi è rappresentato da un’unica scheda catastale, verrà suddiviso in tre porzioni che rappresenteranno tre blocchi distinti: blocco 1 (edificio storico sede del Corriere della Sera in via Solferino), blocco 2 (area sita su via Moscova e via San Marco), Blocco 3 (area su via Balzan). Il valore totale della compravendita è così suddiviso: 30 milioni di euro per il Blocco 1 (sottoposto a vincolo); 66 milioni per il Blocco 2; 24 milioni per il Blocco 3. Tale valorizzazione risulta sostanzialmente in linea con la valutazione di un primario advisor immobiliare di Rcs MediaGroup, ma non con le stime dei giornalisti, secondo cui si è svenduto uno degli asset principali della società editoriale. Una denuncia gravissima, ignorata però dagli amministratori e dal Cda. Così, sempre ieri, è stato anche firmato il contratto preliminare di affitto tra Rcs e Blackstone, che prevede la successiva stipula di contratti a valori di mercato con decorrenza dall’esecuzione delle vendite e durate differenziate per i diversi blocchi. Per l’azienda il valore della cessione di questi immobili è superiore al valore dei prezzi di carico. E tutta l’operazione è in linea con quanto previsto dal piano di sviluppo 2013-2015 del gruppo, per quanto nello stesso piano si prevedesse la cessione solo del Blocco 2 e del Blocco 3 (escludendo quindi il Blocco 1 con l’edificio storico di via Solferino). Contro questa decisione adesso i comitati di redazione del Corriere e infragruppo hanno pochi giorni di tempo per tentare le ultime contromosse. La firma dei contratti definitivi di vendita è prevista infatti entro il 31 dicembre.

Conti disastrosi
Intanto, sempre ieri, Rcs ha presentato i conti dei primi nove mesi dell’anno. Conti in forte miglioramento, ma ancora disastrosi. I ricavi consolidati sono in calo a 965,4 milioni (rispetto ai 1.119,4 dell’analogo periodo del 2012), i ricavi pubblicitari scendono a 337,9 milioni (erano 428,2 milioni) mentre i ricavi da attività digitali salgono al 10,7% dei ricavi totali del gruppo (erano all’8,9% al 30 settembre 2012). In fin dei conti, Rcs dichiara una perdita netta di 175,3 milioni. Un successo solo se si confronta con la perdita netta di 380,5 milioni dell’analogo periodo del 2012. La posizione finanziaria netta è negativa per 547,4 milioni (erano 845,8 milioni a fine dicembre 2012). Numeri che fanno temere la necessità di un nuovo aumento di capitale, dopo quello da 400 milioni appena concluso e già in parte assorbito dalle nuove perdite. Anche per questo l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane e il Cda non hanno indugiato nella cessione del palazzo storico del Corriere, fiore all’occhiello di un piano di dismissioni iniziato con la partecipata Dada e che dovrebbe proseguire con la vendita di alcune testate.