Delirio fotovoltaico. Incentivi gonfiati anche di 4.500 volte. Il caso di un’azienda veneta e di un maxi errore di Stato, sventato all’ultimo

di Stefano Sansonetti

Non hanno nemmeno avuto il tempo di stropicciarsi gli occhi, perché il megaversamento è stato stoppato dalla banca. Certo è che alla Solicum di Farra di Soligo (in provincia di Treviso) hanno vissuto una giornata incredibile, che forse vale più di mille trattati su come si può sperperare denaro pubblico. La Solicum è un’azienda attiva da anni nel settore del fotovoltaico. Ha dei piccoli impianti in sede, che utilizza per fini personali. E come tutte le aziende ha diritto di percepire incentivi dal Gse (Gestori servizi energetici), la società del ministero dell’economia che da questo punto di vista gestisce una torta da oltre 13 miliardi di euro.

LA STORIA
La potenza dell’impianto dell’azienda veneta non è granché. Parliamo di 5,6 Kw, che danno diritto a un incentivo mensile tra i 211 e i 218 euro (come confermato dalla stessa società). E invece, nel marzo del 2015, la Solicum si accorge che il Gse ha disposto a suo favore un accredito di 935.906 euro. In pratica la società del ministero dell’economia ha commesso un errore monstre, versando alla Solicum una somma 4.500 volte superiore al dovuto. Una debacle che fa riflettere, soprattutto se si considera che la società gestisce 13 miliardi l’anno di incentivi alle fonti rinnovabili. “L’accredito è stato all’epoca bloccato dalla nostra banca”, ha spiegato ieri a La Notizia l’azienda veneta, la quale ha aggiunto che “successivamente abbiamo inviato un e-mail al Gse per segnalare l’enormità del versamento”. A quel punto l’errore, con l’annesso sperpero di denaro pubblico, è stato sventato. Ma come ha fatto la società pubblica, il cui primo obiettivo è proprio quello di controllare gli incentivi, a sbagliare di 4.500 volte? Sondata sulla vicenda, l’azienda di Stato non ha fornito risposte. A capo del Gse, nella veste di amministratore delegato, dal luglio del 2015 siede Francesco Sperandini, la cui ascesa è stata sponsorizzata dal sottosegretario alla presidenza del consiglio, Claudio De Vincenti, in accordo con l’altro sottosegretario, il renziano Luca Lotti. Al momento dell’errore, marzo 2015, Sperandini non era quindi ancora amministratore delegato (in quel ruolo c’era ancora Nando Pasquali), ma era comunque al Gse con il ruolo di direttore della divisione operativa. Negli ultimi mesi, tra l’altro, dal Gse sembra si stia verificando una sorta di fuga dei dirigenti. Se ne sono andati, o sono sul punto di farlo, Enrico Antognazza (già responsabile direzione verifiche e ispezioni), Alessandro Bernardini (risorse umane e servizi generali), Costantino Lato (efficienza ed energia termica), Vincenzo Capotorto (sistemi informativi) e Francesco Trezza (impianti idroelettrici ed eolici). Le liquidazioni di ciascuno, a quanto risulta, si aggirerebbero intorno alle 2/4 annualità.

GLI INTERROGATIVI
Ma a cosa sono dovute le uscite? Spending review? Ricambio? Entrambe le ipotesi? Neanche a queste domande l’azienda di Stato ha fornito risposta. Tra le altre cose nel Gse già da un po’ è in atto un altro tipo di emigrazione. Parliamo dei distacchi verso altre pubbliche amministrazioni. Nel tempo ce ne sarebbero stati 35. Tra i casi più in visto quello dell’impiegata Francesca Maria Trapani, a fine 2014 distaccata dal Gse al Ministero dello Sviluppo economico guidato da Federica Guidi, dove ha assunto l’incarico di coordinatore della segreteria tecnica del capo di gabinetto. Nemmeno su questo punto, per inciso, il Gse ha risposto. E’ appena il caso di ricordare che la società, al 100% del ministero dell’economia, opera a supporto del ministero dello Sviluppo, che esercita i diritti dell’azionista proprio come il dicastero di via XX Settembre.

Twitter: @SSansonetti