Denuncia alla Corte dei Conti. Il siluro di Di Maio ai Benetton. L’ipotesi: la concessione ha causato un danno erariale. Nel mirino i ministri dei trasporti dei precedenti Governi

Prima il piano di nazionalizzazione o almeno di radicale riforma della concessione. Adesso una denuncia alla Corte dei conti per danno erariale a carico di tutti gli ex ministri dei trasporti che hanno regalato remunerazioni d’oro alle Autostrade dei Benetton. La polemica sui pedaggi, partita il 14 agosto scorso dopo il crollo del Ponte Morandi sulla A10, con la pesantissima dote di 43 vittime, sta subendo un’escalation impressionante. A condurre l’attacco, ancora una volta, è il Movimento 5 Stelle. A muoversi sono sempre loro: il vicepremier, Luigi Di Maio, e il ministro per le infrastrutture, Danilo Toninelli. Ieri, in realtà, non ci sono state dichiarazioni ufficiali. Ma fonti di palazzo Chigi, più volte citate dalle agenzie, hanno delineato uno scenario che porta dritto ai giudici contabili. L’assunto, in buona sostanza, è che la convenzione con Autostrade, svelata l’altro ieri su pressing di Toninelli, ha rappresentato una sorta di indebito regalo al gruppo Benetton, con conseguente danno per le casse dello Stato.

La strategia – Per questo Di Maio & Co, sempre secondo quanto filtrato ieri, avrebbero pronto un ricorso che sarà presentato nei prossimi giorni alla procura presso la Corte dei conti. Insomma, se non siamo arrivati al livello massimo di scontro tra il Governo giallo-verde e i signori del pedaggio poco ci manca. E i prossimi mesi promettono di riservare un’altra esclation di scontro. Ieri, però, è arrivato anche l’ennesimo tentativo di difesa da parte di Autostrade. Proprio sulla famigerata questione dei rendimenti offerti dalla Concessione. La società dei Benetton ha voluto precisare in una nota che il rendimento lordo del 10,21% emerso dai documenti “remunera solo gli investimenti richiesti dallo Stato dopo il 2008, che oggi sono di importo trascurabile. Tale remunerazione ha avuto dunque un impatto irrilevante sulle tariffe (meno di 0,05% all’anno dal 2008 ad oggi)”. L’azienda ha quindi aggiunto che “per il quinquennio 2018-2022, la proposta di aggiornamento del Piano finanziario presentato da Autostrade in applicazione della direttiva Cipe prevede una remunerazione al 7,30% lordi, che corrisponde a un 5% dopo le tasse”. Intanto a Genova si apettano ancora i piani concreti per togliere la città dall’impasse. “Autostrade i soldi li mette, ma lo ricostruiamo noi il ponte”, ha ribadito Toninelli, confermando la strada che il Governo intende seguire per la ricostruzione del Ponte Morandi, rimasto mozzato e sospeso sul capoluogo ligure dopo il tragico crollo.

La posizione – All’indomani dell’audizione nella quale ha detto di voler rivedere in toto il sistema delle concessioni, il ministro ha spiegato: “Che Autostrade debba ricostruire il ponte è scontato in termini risarcitori. Sugli immani danni morali e civili è normale che debba mettere i soldi, ma è altrettanto normale che non possa ricostruire. Sarebbe irrispettoso nei confronti delle famiglie e dei cittadini”. Secondo il titolare del ministero delle infrastrutture sull’opera “deve esserci il sigillo, il collaudo e il progetto dello Stato”. Dal canto suo “Autostrade aveva per termini di convenzione e di contratto con lo Stato l’obbligo di mantenere le infrastrutture di cui era formalmente proprietaria per la durata della concessione diretta che lo Stato gli aveva dato. Dovrà quindi risarcire il danno”. Il Governo, ha concluso Toninelli, respingerà quindi il piano di ricostruzione del ponte Morandi che sarà presentato da Autostrade per l’Italia. Il cui cda, insieme a quello della controllante Atlantia, si riunirà dopodomani: sul tavolo le relazione che Aspi deve inviare al Governo come risposta alla lettera con cui l’Esecutivo ha avviato l’iter di revoca della concessione fin qui in vigore.