Dietro ai grandi spioni dell’Hacking Team spunta fuori anche l’ex ambasciatore americano in Italia

di Stefano Sansonetti

Spunta fuori nientemeno che l’ex ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli. Accanto a lui, anche se su un diverso piano di partecipazione azionaria, c’è pure la Regione Lombardia. Due “soci” destinati ad aprire nuovi squarci sulla Hacking Team, la società milanese di produzione di software spia legali che qualche giorno fa è stata oggetto di un clamoroso attacco informatico. Operazione che ha portato alla pubblicazione su internet di 400 giga di file riservati, tra cui fatture per la fornitura di sistemi informatici ai nostri servizi segreti e a quelli di alcuni regimi dittatoriali nel mondo. Carte alla mano, La Notizia è in grado di documentare il livello di coinvolgimento nell’azionariato di profili destinati a far discutere. Dopo il primo azionista della Hacking Team, che è l’amministratore delegato David Vincenzetti con il 32,85% del capitale, troviamo due società di investimento, entrambe al 26,03%. Una di queste è la Innogest, una sgr che gestisce fondi d’investimento (cosiddetto “venture capital”). Il 60% della Innogest, a sua volta, è in mano ai due fondatori, ovvero Claudio Giuliano e Marco Pinciroli. Con loro ecco spuntare la prima sorpresa: un altro 10% della Innogest è in mano all’ex ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, che siede anche nell’advisory board della società.

LA COMPAGINE
Insomma, per questa via Spogli è indirettamente socio della Hacking Team, la società di software spia che lavora con servizi segreti e diversi governi (il suo fatturato 2014 è stato di 7,4 milioni di euro). Ma non è finita qui. Si dà infatti il caso che un ulteriore 15% della Innogest faccia capo alla torinese Ersel Investimenti. In questo caso il capitale è detenuto da due fiduciarie, Nomenfid e Simonfid. Le quali, a loro volta, fanno capo a un’altra fiduciaria, la Sofegi. E arriviamo a un’altra sorpresa. Dagli archivi delle camere di commercio, infatti, risulta che la Sofegi è in mano alla famiglia Grande Stevens, con Riccardo, Cristina e Franzo, quest’ultimo storico avvocato della famiglia Agnelli. Anche loro, quindi, scendendo giù “per li rami” risulterebbero azionisti indiretti della Hacking Team. Ma torniamo proprio a quest’ultima. Accanto alla Innogest, come detto, con il 26,03% del capitale c’è un’altra società di investimento che si chiama Finlombarda Gestioni. Ebbene, questa è controllata al 100% dalla Finlombarda, che altro non è che la società finanziaria della regione Lombardia oggi guidata da Roberto Maroni. Curiosità vuole che il 6 luglio scorso, mentre montava il caso dell’attacco informatico subìto dalla Hacking Team, la stessa Finlombarda abbia pubblicato un avviso in cui manifesta la volontà di vendere il 100% della Finlombarda Gestioni, proprio la società che detiene, tra le altre, la partecipazione in Hacking Team. Si è deciso di vendere proprio nel momento in cui si è sentita puzza di bruciato? Vai a sapere.

GLI INTERROGATIVI
In realtà, dopo aver percorso tutti i meandri degli azionisti della società che produce software spia, la vera domanda sembra un’altra: che ci fanno l’ex ambasciatore Usa, la Regione Lombardia e una serie di fiduciarie riconducibili alla famiglia Grande Stevens dietro alla Hacking Team? Chissà che nei prossimi giorni qualche elemento di delucidazione non possa arrivare. Un’ultima curiosità, infine, riguarda ancora la Innogest, come detto azionista al 26,03% della Hacking Team. L’ex ambasciatore Usa a Roma, Spogli, oltre a detenerne il 10%, siede anche nel suo advisory board. Accanto a lui, in questo stesso consiglio, siede pure Gianfelice Rocca, presidente di Techint, Assolombarda e candidato forte alla presidenza della Confindustria. Una cosa è certa: il caso della Hacking Team sembra destinato a far discutere ancora a lungo.

Twitter: @SSansonetti