E adesso il mondo ci insulta per colpa di Ingroia

di Valeria Di Corrado

Il suo viaggio in Guatemala è stato un passaggio fugace, una specie di vacanza spesata dalle Nazioni Unite e, quindi, indirettamente, dallo Stato italiano. Antonio Ingroia è rimasto a capo dell’unità investigativa della Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala (Cicig) meno di due mesi: dal 9 novembre 2012 al 3 gennaio 2013. Due mesi costati alla comunità internazionale circa ventimila mila dollari, soltanto per l’indennità di servizio. Se si considerano le festività natalizie e gli impegni politici, i giorni di effettiva permanenza si riducono ulteriormente. Neanche il tempo di mettere mano alla lotta alla corruzione diffusa nel paese del centro America, che l’ex pm ha deciso di dare le dimissioni, attratto dalla politica.

L’avventura oltreoceano
Da procuratore aggiunto di Palermo, a funzionario dell’Onu. Da funzionario dell’Onu a candidato premier. Il tutto nell’arco di sei mesi. Si può dire che Ingroia non avesse le idee chiare sul futuro. Il 26 luglio 2012 il Consiglio Superiore della magistratura ha votato a favore della sua collocazione fuori ruolo per ricoprire l’incarico affidatogli dalle Nazioni Unite. Il 29 ottobre ha tenuto l’ultima udienza nel processo sulla Trattativa Stato-mafia, per poi prendere un volo, pochi giorni dopo, con destinazione Guatemala. Chi l’ha avvicinato lì ha detto di non essere riuscito a conoscerlo bene, dato che è arrivato il 9 novembre e poi è subito partito per una vacanza. Il primo dicembre era già in Italia per partecipare alla prima assemblea di cambiare#sipuò. Il 19 dello stesso mese ha chiesto al Csm l’aspettativa per motivi elettorali. A distanza di due giorni era di nuovo di ritorno dal Guatemala per presentare a Roma il manifesto “Io ci sto”, di cui era firmatario insieme ai sindaci De Magistris e Orlando. La candidatura ufficiale a premier per la coalizione “Rivoluzione civile” è arrivata il 29 dicembre. Soltanto dopo, il 3 gennaio, ha inviato alla Commissione contro l’impunità la sua lettera di dimissioni. “Sono stato preposto a un incarico politico in Italia che ho deciso di accettare – si legge nel documento presentato al capo della Cicig, il costaricense Francisco Dall’Anese, come se si trattasse di una scelta obbligata – Per questa ragione devo ritornare nel mio Paese per cominciare la campagna elettorale”.

La grande delusione
Il suo arrivo in Guatemala aveva creato grandi aspettative nella comunità internazionale. “Ci avevano detto che veniva un esperto di mafia e anticrimine, una persona in grado di fronteggiare la delinquenza organizzata – racconta sconsolata Carmen Ibarra, presidente del Movimiento Pro Justicia, una ong che si batte contro l’impunità nel Paese – Il fatto che se ne sia andato dopo meno di due mesi per me è stato un gesto irresponsabile, che ha fatto perdere tempo e risorse all’Onu e alla Commissione”. Istituita nel settembre del 2007 per combattere i gruppi criminali, la Cicig è composta da 200 funzionari provenienti da tutto il mondo. Il suo funzionamento costa 20 milioni di dollari all’anno, a cui contribuiscono a turno i vari Paesi membri. Anche l’Italia vi ha destinato 1.850 milioni di euro. “La scelta di entrare in politica non si fa dalla sera alla mattina – osserva Carmen Ibarra – Dubito che Ingroia possa averlo deciso a gennaio, quando ha ufficialmente comunicato di voler lasciare il suo incarico alla Commissione. Se già prima sapeva di volersi candidare, perché ha accettato l’incarico all’Onu? E perché prima ha voluto affrontare la lunga selezione? Il posto di capo dell’Unità investigativa è vuoto da quasi due anni. Chissà quanto tempo ci vorrà per rimpiazzarlo”. Tempo prezioso in un Paese dove la violenza dilaga: nel 2012 sono state uccise 6 mila persone, con un tasso di 39 omicidi ogni mille abitanti. “Non avrei creduto di proseguire qui la mia battaglia per la giustizia e la verità”, aveva detto il magistrato con toni entusiastici appena arrivato in Guatemala. Da quella battaglia si è ritirato prima di iniziare. “Ingroia è stata un’aspettativa frustrata, nient’altro – conclude la presidente Movimiento Pro Justicia – Ha avuto un comportamento ridicolo. Comunque, è meglio che se ne sia andato. La Commissione ha bisogno di persone motivate che vengano per dare una mano, non che la utilizzino come un tappabuchi”.