E si costruisce pure sulle Mura Aureliane. Il bastione Sangallo imprigionato nel cemento

di Valentina Conti

“Da via Marco Polo non si potrà più vedere il bastione del Sangallo e lo scandalo più grande è che la Soprintendenza per i Beni architettonici e Paesaggistici ha anche dato l’autorizzazione senza alcun tipo di motivazione”. Un abuso di cemento nella Capitale ai piedi delle Mura Aureliane in I municipio, tra viale di Porta Ardeatina e via Marco Polo. A denunciarlo i residenti di via Beccari e il comitato di quartiere Marcopolo. “Uno stupro ambientale sotto gli occhi di tutti” in piena regola “per favorire la colata di cemento in atto per l’edificazione di tre palazzine di cinque piani da ultimare entro il 2015 (costruite su terreni acquistati nel 1984 dalla Marcus Polo 81 srl, di proprietà della famiglia Navarra, ndr) che, tra l’altro, non rispettano nemmeno la conformazione delle altre costruite negli anni Sessanta”. 75 appartamenti dal costo medio di 12 mila euro al metro quadro, più box e cantina. “È sconvolgente il silenzio del municipio, più volte interessato, sulla questione” – rimarca Cecilia Poggi, Presidente del comitato Marcopolo, che ha assoldato un architetto urbanista, Gianluca Cencioni, per stilare una relazione tecnica (di ben 21 pagine) sul caso. “Senza contare – prosegue – il danno erariale alle casse dello Stato per 10 milioni di euro, in base agli oneri conteggiati male, e i danni per noi residenti. Abbiamo chiesto più volte la convocazione della Commissione Trasparenza del Comune, abbiamo scritto al Sindaco Alemanno, ma non abbiamo ricevuto risposta”. Nessun riscontro da parte della Soprintendente, architetto Maria Costanza Pierdominici, che abbiamo tentato invano più volte di rintracciare telefonicamente. Silenzio anche dal I municipio. L’area è stata vincolata per anni paesaggisticamente. Poi, una serie di sentenze del Tar hanno dato il via al cantiere. I residenti erano sicuri che nessuno avrebbe mai usurpato l’aria in quello spazio enorme privo di costruzioni, naturale appendice fino al Parco dell’Appia. Ma tutti si sono dovuti ricredere davanti all’intervento umano su quell’ultima superficie libera che consentiva la vista del bastione con alle spalle secoli di storia. E alla vista delle ruspe veloci a lavorare. Nessuno aveva mai pensato di farlo dagli anni Cinquanta.