Ecco le telefonate che incastrano De Vito. La svolta nell’inchiesta che ha documentato tangenti per oltre 400mila euro grazie a un’intercettazione definita “inequivocabile” dai pm

I retroscena dell'inchiesta che ha portato all'arresto del presidente dell'Assemblea capitolina Marcello De Vito

Ammonta a circa 400mila euro il giro di mazzette documentato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sul nuovo stadio della Roma e altre opere che ha portato, questa mattina, all’arresto per corruzione del presidente dell’assemblea capitolina, Marcello De Vito, e di altre tre persone. Eloquenti i dialoghi intercettati dagli inquirenti. De Vito, nel corso di una telefonata con l’avvocato Camillo Mezzacapo (anche lui finito agli arresti), parlava apertamente di soldi – “Va bene, ma distribuiamoceli questi” – riferendosi, annotano gli investigatori, ai danari erogati dai costruttori Toti e Statuto alla società riconducibile al presidente dell’Assemblea capitolina. E poi ancora l’esponente del M5S al suo amico avvocato: “Adesso non mi far toccare niente, lasciali lì… quando tu finisci il mandato, se vuoi non ci mettiamo altro sopra. La chiudiamo, la distribuiamo, liquidi e sparisce tutta la proprietà, non c’è più niente, però questo lo devi fa’ quando hai finito quella cosa”.

“L’intera attività di indagini – ha spiegato il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo – ruota intorno a tre vicende: lo stadio della Roma e l’ex Fiera di Roma, in continuazione con la vicenda Parnasi, gli ex Mercati Generali, con il coinvolgimento di Toti, e piazza Ippolito Nievo”. Le indagini sono state portate avanti dai pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli su “intercettazioni ambientali, le parole di Parnasi, Whatsapp e movimenti di flussi finanziari”, ha spiegato ancora il magistrato.

Ma la vera svolta nell’indagine è arrivata in seguito all’intercettazione di un dialogo tra lo stesso De Vito e Mezzacapo del 4 febbraio, in cui l’avvocato dice al presidente: “Questa congiunzione astrale tra… tipo l’allineamento della cometa di Halley… hai capito cioè… è difficile secondo me che si verifichi… noi Marce’ dobbiamo sfruttarla sta cosa, secondo me guarda ci rimangono due anni”.

Il gip nell’ordinanza d’arresto definisce questo colloquio “illuminante” in quanto spiega “in modo inequivocabile il patto scellerato che lega De Vito a Mezzacapo, dando chiara dimostrazione di come le somme confluite nella società Mdl, formalmente riconducibili solo al secondo, siano invece anche del pubblico ufficiale che appare, peraltro, impaziente di entrarne in possesso”. Un modus operandi messo in atto “grazie alla ‘congiunzione astrale’ e alla spregiudicatezza di chi ritiene, solo perché dotato di astratte credenziali sociali e/o professionali, di potersi muovere liberamente e impunemente in ambiti criminali”.

Secondo Ielo “questa intercettazione ci consente di individuare la cassaforte, la società Mdl, dove De Vito è socio di fatto. Da questa sono state chieste le misure cautelari che abbiamo chiesto 20 giorni fa”. Altra circostanza particolare sono gli incontri tra De Vito e Mazzacapo al concessionario d’auto dell’imprenditore Gianluca Bardelli a Ponte Milvio: “De Vito e Mezzacapo si incontravano al concessionario nel giorno di chiusura – ha spiegato Ielo -. Una modalità che viene usata da chi non vuole farsi vedere e che ci fa pensare che fosse scattato un qualche allert. Incontri avvenuti nell’ultimo mese”.

Per quel che riguarda i flussi finanziari, il procuratore aggiunto ha spiegato che “da Parnasi sono stati pagati 95mila euro sotto forma di consulenza all’avvocato Mezzacapo, così come era accaduto anche con la vicenda Lanzalone, 110mila da Toti mentre da Statuto erano stati promessi 160mila euro mentre 20mila sono stati quelli pagati”. Tutti flussi di denaro passati per la Società Mdl Srl. Dalle indagini emerge che oltre 230mila euro sono stati erogati e 160mila sono stati promessi a Marcello De Vito e all’amico avvocato Mezzacapo dai gruppi imprenditoriali coinvolti. Mezzacapo avrebbe ricevuto una serie di consulenze-tangenti prima di girarle sul conto della Mdl srl, la “cassaforte” nata per custodire i profitti raccolti illecitamente da De Vito e dallo stesso avvocato.