L'Editoriale

Chi litiga non prende jihadisti

La polemica del giorno tra Alfano e Salvini è l’emblema di una politica che guarda più a se stessa che ai problemi veri. Spunta a Milano un presunto terrorista della strage al museo del Bardo, a Tunisi, e il leader della Lega bombarda il ministro dell’Interno. L’arresto è la prova che tra gli immigrati in arrivo sui barconi possono esserci i più pericolosi jihadisti. Il capo del Viminale non ci sta, giura e spergiura che ad oggi non ci sono prove dell’ingresso di terroristi. L’evidenza dei fatti da una parte ma ancora di più la logica dall’altra, rendono evidente che però l’ingresso di migliaia di persone difficilissime da identificare è un’occasione d’oro per chi vuole portare il fanatismo a casa nostra. Così invece di concentrarsi sul problema, Alfano e Salvini anche ieri hanno passato la giornata a insultarsi. Le ragioni della politica prima di tutto, specie se ci sono elezioni dietro l’angolo. I disperati che sbarcano e i terroristi che potrebbero confondersi in mezzo a loro neppure hanno idea di chi siano Alfano e Salvini. Ma potremmo spiegarlo così: sono due che litigano per un pugno di voti mentre chi vuole accomodarsi nel nostro Paese può continuare indisturbato.