L'Editoriale

Colpevoli fino a prova contraria

C’era una volta la presunzione d’innocenza. Nessuno poteva essere considerato colpevole fino alla condanna in ultimo grado di giudizio. Oggi, con i processi che si fanno in tv, è regola la presunzione di colpevolezza. Anche in caso di assoluzione. Una barbarie giuridica. Chi finisce nel mirino della giustizia, anche solo per un avviso di garanzia, paga per tutti. Soprattutto se è un politico o qualunque altro genere di personaggio pubblico. In un Paese pieno di mascalzoni è chiaro che nel mucchio ci si piglia. Ma con questo sistema può finire nel tritacarne chiunque, da chi è potente al caso Cucchi di turno. La cultura garantista che è la base di un sistema liberale ha ceduto il passo a un giustizialismo che ha poco da invidiare all’Isis. Tanto che nessuno si scandalizza per i giudici sconfessati sul caso Penati, e i giornali forcaioli, che accusano l’imputato di essersi salvato non perché le ipotesi di reato sono cadute, ma per la prescrizione su uno dei tanti crimini solo contestati. Insomma, non basta essere assolti su tutto, ma se resta un dubbio o un appiglio la condanna morale non si toglie a nessuno. Tutti colpevoli fino a prova contraria.