L'Editoriale

Finito il principio per cui chi ha ucciso in nome di ideali comunisti e rivoluzionari non ne risponde

L'editoriale del direttore Gaetano Pedullà sul caso Battisti

Preso Battisti, a sentire certi sapientoni di Sinistra il Governo ha strumentalizzato l’occasione per fare un po’ di passerella. Ci avesse pensato qualcun altro prima, la foto opportunity sarebbe stata diversa. Il punto è che nessuno è riuscito ad acchiappare prima questo assassino perché c’è una parte politica che ne ha coperto per 37 anni la fuga.

Senza la dottrina Mitterand, con la quale i socialisti francesi diedero riparo ai latitanti politici arabi e di mezza Europa, un killer come l’ex appartenente ai Pac sarebbe oggi un detenuto di lungo corso delle nostre patrie galere. Riparato in Brasile, Battisti è stato poi protetto da un altro leader socialista, Lula da Silva, e da un sistema giudiziario volutamente garantista con un certo tipo di criminali.

Quella che si è realizzata ieri con l’arrivo a Roma di questo fuggiasco è perciò una vittoria della giustizia italiana ma anche la sconfitta di quell’assurdo principio per cui chi ha imbracciato le armi in nome di un ideale rivoluzionario – meglio se comunista – non ne deve rispondere. Uno scudo che ha contribuito ad allungare la stagione degli anni di piombo, e che ha goduto di una rete di connivenze in gran parte ancora nell’ombra.

Assistere e spostare tanti ricercati dalle polizie di mezzo mondo costa moltissimo, e solo sapere chi ha investito tanti quattrini per tenere in libertà un esercito di killer potrebbe aprire uno squarcio inquietante sulla storia dell’intero Occidente. Per questo il caso Battisti non è solo l’epilogo di una vicenda giudiziaria, ma il possibile inizio di un processo più largo a chi ha favorito l’impunità di decine di esecutori di omicidi politici, per motivi che molto difficilmente si può continuare a derubricare come umanitari o dell’affermazione di ideali.

I responsabili della latitanza di questi terroristi sono persino più responsabili di centinaia di morti, di fronte alle quali non hanno mai pagato nulla, ammantando anzi la copertura di questi latitanti come l’esempio virtuoso di una solidarietà politica apparentemente senza frontiere ma nella realtà senza ritegno.

L’ingresso in carcere di Battisti può essere dunque una cosa importantissima, perché da qui anche a Sinistra potrebbe partire una riconsiderazione di un’epoca in cui tanti hanno giocato sporco. Per far questo occorre però un’onestà intellettuale che si fa ancora fatica a vedere, assistendo a posizioni rigide di intellettuali e sedicenti padri nobili di un socialismo tradito e traditore, tuttora incapaci di ritirare pubblicamente gli appelli a una inconcedibile grazia a Battisti, senza che prima si siano svelati i nomi e gli interessi di chi l’ha aiutato per decenni.