L'Editoriale

La lobby del casello ha chiuso

Autostrade per l’Italia non ci sta a perdere per un processo sommario una concessione che le fa incassare ogni anno miliardi di euro di utili. È caduto...

Autostrade per l’Italia non ci sta a perdere per un processo sommario una concessione che le fa incassare ogni anno miliardi di euro di utili. È caduto un ponte di cui aveva la responsabilità, sono morte 39 persone (e il bilancio potrebbe essere più grave), l’immagine dell’Italia nel mondo ha subito un danno molto più grave dei miliardi di capitalizzazione che la società controllata dai Benetton ha perso in Borsa, abbandonata dai mercati che vedono sparire la cuccagna. Ma questo per il Gruppo controllato dalla famiglia Benetton non configura quella inadempienza “grave” per cui è possibile (e in un Paese normale doveroso) revocare la concessione firmata nel 2007 dal Governo dell’epoca guidato da Romano Prodi. Il punto è che però qui non c’è nessun processo sommario. Lo scandalo al sole della concessione firmata da una politica compiacente agli interessi privati è denunciato da anni, e da tantissime parti, compreso questo giornale che in quasi sei anni ha dedicato all’argomento moltissimi articoli, tutti facilmente rintracciabili sul sito della Notizia.

Contestazioni cadute nel vuoto per un’enorme (e ben pagata) rete lobbistica messa in campo dal colosso pilotato da Ponzano Veneto. Basti ricordare l’ultimo aumento delle tariffe autostradali accordato dal ministro dei trasporti Delrio, a fronte di costi definiti insostenibili dall’associazione dei concessionari, quando invece a fine 2017 gli utili superavano i due miliardi di euro. Soldi degli italiani con i quali Atlantia – la società che controlla Autostrade per l’Italia – ha pagato un miliardo per comprare una quota del tunnel sotto la Manica e poi si è lanciata nella conquista delle autostrade spagnole in mani al gruppo Abertis. Ci incazziamo, insomma, per i piccoli imprenditori che prendono i contributi pubblici e poi delocalizzano gli stabilimenti all’estero e qui abbiamo un colosso che delocalizza le tariffe regolate per legge. Mosse gestite con la stessa arroganza con cui a fronte di quanto è appena successo ieri Autostrade per l’Italia ha chiesto al Governo una penale di 20 miliardi nel caso di revoca della concessione. M5S e Lega hanno dovuto abbassare i toni perché ci sono di mezzo le Borse, ma un Governo che si definisce del cambiamento su questa vicenda perderebbe ogni credibilità se facesse marcia indietro. Per rispetto di tante vittime, insieme a quello di tutti gli italiani.