L'Editoriale

L’ultima renzata. Un Governo fotocopia che ignora il No al referendum

Nato debole per durare il meno possibile. Di tutti gli schiaffi dati al Paese da Renzi questo è il più vergognoso. L’ex premier che tiene in pugno quell’ameba di partito che è diventato il Pd, grazie a un patto di potere con le correnti di Franceschini, dei Giovani Turchi e di Orlando/Martina, ha un unico obiettivo, costi quel che costi: andare a votare prima possibile. Avessimo una legge elettorale e non un pasticcio su cui la Corte Costituzionale non deciderà prima del 24 gennaio, staremmo già montando i seggi. Senza legge elettorale però il presidente Mattarella non scioglierà mai le Camere (ben felici di non farsi sciogliere) e quindi in un modo o nell’altro bisogna che un Governo stia in piedi qualche altro mese. Come garantire che una volta ottenuta la fiducia questo Esecutivo non ci prenda gusto e magari dopo aver fatto con calma la legge elettorale non arrivi all’autunno, per far scattare l’atteso vitalizio a una folla di peones, e poi magari persino alla fine delle legislatura, a febbraio 2018? Per Renzi non c’era che una garanzia: indicare un premier debole e costringerlo a presentare un esecutivo fragilissimo.

Tanto debole che conta poco se oggi otterrà o meno la fiducia al Senato. Lo schiaffo ai verdiniani, che avrebbero blindato Gentiloni a Palazzo Madama in cambio del ministero della impalpabile Lorenzin, è la prova di quanta spregiudicatezza e opportunismo politico ci sia in quest’ultima renzata. Con una non maggioranza come quella su cui può contare il povero Gentiloni ogni giorno ci sarà da ballare. E al momento opportuno basterà un nulla per mandare tutti a casa e aprire la via delle urne, facendo pure credere agli italiani che solo Renzi può garantire al Paese un Esecutivo – simpatico o antipatico che sia – capace di governare mille giorni. Tutti gli altri tentativi sono da Prima Repubblica, limitati nel tempo e inguardabili nelle piroette quotidiane per sopravvivere che inevitabilmente vedremo dai prossimi giorni. Per centrare cinicamente questo obiettivo Renzi non si è fatto scrupolo di dare alla pancia degli italiani un nuovo fortissimo argomento per scappare elettoralmente tra le braccia di Grillo.

PREMIER TELEGUIDATO

La squadra di Gentiloni è stata imposta – perché è impensabile che il neo premier si sia voluto deliberatamente suicidare –  in una tale continuità con quella di Renzi da suonare come un immenso pernacchio ai venti milioni di italiani che votando No hanno chiesto chiaramente anche discontinuità nel Governo del Paese. Una richiesta evidentissima, che solo chi mente sapendo di mentire può negare. L’effetto di tutto ciò è stata però un’ennesima menzogna. Renzi che aveva promesso di lasciare la politica se perdeva sulle sue riforme, ha fatto formalmente un passo indietro ma sostanzialmente due avanti. Ha ignorato le prerogative del Capo dello Stato facendosi le sue consultazioni parallele a quelle del Quirinale, ha scelto il suo successore imponendogli una situazione degna del più consumato equilibrista, prende pure in giro chi gli chiede conto sostenendo di aver onorato l’impegno a farsi da parte, e invece dopo il suo disastro ci obbliga ad avere un Esecutivo più debole di quello che si sarebbe potuto certamente costituire solo cedendo un po’ di rappresentanza a chi ci voleva stare.

FORTINO DEL POTERE

L’effetto finale è l’immagine di un Palazzo che si blinda sempre di più nei suoi giochi di potere, incurante di ogni indicazione dei cittadini. Perché se è assolutamente vero che la Costituzione assegna al Parlamento (e non agli elettori) il compito di dare la fiducia a un Governo è anche vero che sarebbe bastato pochissimo per far capire che la politica sa ascoltare. E sa prendere atto che un ministro della Funzione pubblica (Madia) che si fa bocciare la sua riforma deve andare a casa a studiare. Che se un ministro firma una legge che si chiama Jobs Act (Poletti) e il lavoro aumenta dello zero virgola niente deve andare a lavorare (almeno lui) da un’altra parte. Che un ministro che produce una riforma costituzionale talmente pasticciata da essere bocciata da un referendum (Boschi) non viene per premio promossa sottosegretario alla Presidenza. Che se il Paese ha un Presidente del Consiglio questo non può essere platealmente commissariato a tal punto da dover imbarcare Luca Lotti travestito da ministro dello sport, quando tutti sanno che il suo sport preferito è palleggiare con i dossier di Servizi segreti e aziende di Stato. Sfidando ogni senso del ridicolo Renzi ha imposto tutto questo, senza peraltro metterci la faccia. Lasciando a Gentiloni l’onere di galleggiare quanto potrà (e così di sicuro potrà pochissimo) mentre i problemi restano tutti, a cominciare dalle imposizioni europee che adesso inevitabilmente adesso inizieranno a irrigidirsi sui conti pubblici.