L'Editoriale

Manager sulle macerie dei partiti

La politica è morta. E sulle sue macerie si fanno largo i manager che a Milano si sfideranno in grande abbondanza per conquistare Palazzo Marino. Certo, Centrodestra e Centrosinistra da oggi dovranno solo sciacquarsi la bocca prima di muovere la benché minima critica ai tecnocrati che governano la Commissione europea, esautorando di ogni potere tanto quel contenitore folkloristico e inconcludente del Parlamento di Strasburgo quanto i governi dei singoli Stati. Dallo strapotere dell’uomo solo al comando nel Pd però non si scappa e grazie a un percorso con handicap per i suoi avversari, il renziano Giuseppe Sala ha vinto le primarie e adesso deve solo decidere con che vantaggio vincere le elezioni per conquistare la poltrona di Giuliano Pisapia. A contendergli il successo ci sarà un altro manager, tirato fuori da un Centrodestra che al contrario del partito del premier è invece in palese crisi di leadership. Stefano Parisi non è infatti una seconda scelta, ma l’ultima delle carte con cui giocare sul serio la partita per il più importante Comune lombardo.

Una carta così debole che tutti, ma proprio tutti, gli addetti al lavori ieri si interrogavano su quale contropartita sia stata data dal Pd a Berlusconi per spianare di fatto la strada a Sala. A tentare di scombinare i giochi restano infatti solo i Cinque Stelle, che per essere sicuri di non vincere (e così puntare senza intoppi alle politiche del 2018) hanno candidato una perfetta sconosciuta. Ultimo incomodo, per concludere, ancora un manager, quel Corrado Passera proveniente dall’amatissimo mondo dell’alta finanza e delle banche. Un signore accreditato delle possibilità di vittoria dello zero virgola, che chissà per quale motivo è ogni notte nei sogni dell’ex datore di lavoro Carlo De Benedetti, bramoso di vederlo nella polvere manco fosse un clone del Cavaliere.

DOPO ARCORE NULLA –  I giochi dunque sono fatti, e per un Centrodestra in crisi anche di lucidità sono fatti nel peggiore dei modi. La boutade della candidatura di Rita dalla Chiesa a Roma è degna di una puntata di Scherzi a Parte. Con la diretta interessata che, poverina, per qualche ora ci aveva pure creduto. Così Berlusconi esce di scena nel peggiore dei modi, certificando di non aver lasciato nessuna eredità nel suo schieramento, mentre Salvini e la Meloni dimostrano di essere quello che sono, arruffapopolo buoni per i talk show, non certo leader di governo.
In questo modo chi se la gode come un matto è Renzi, che a Palazzo Chigi sta comodo come un pascià, un po’ grazie all’assicurazione sulla vita firmata da Verdini, e per il rimanente grazie alla semplice constatazione che a Matteo da Firenze non c’è alternativa. La storia milanese in questo senso è emblematica. Se a Torino c’era poco da fare contro l’uscente Piero Fassino, nella “rossa” Bologna è più facile che la spunti un Cinque Stelle piuttosto che la debole candidata leghista Lucia Borgonzoni. A Roma le urne sono una lotteria, anche per effetto del processo “Mafia Capitale” e a Napoli non sarà facile scalzare de Magistris o le truppe cammellate ricompattate da Bassolino. L’unica piazza dove il Centrodestra aveva qualche chance era perciò il capoluogo lombardo. Piazza dove il candidato capace di vincere, o quanto meno di competere sul serio, c’era. Eccome.

SCELTE DI RIPIEGO – Il signore in oggetto si chiama Paolo del Debbio e chi sostiene che sarebbe stato indisponibile di fronte a una richiesta secca di Berlusconi mente sapendo di mentire. Del Debbio è un di-pen-den-te del Cavaliere, ben maritato ai piani più alti dell’azienda e i suoi capricci per scappare alla candidatura si potevano superare in meno di un secondo. Il punto è che Berlusconi, Salvini e Meloni hanno talmente rinunciato a correre sul serio da non fare la benché minima forzatura sul giornalista, che adesso sogna di tornare utile alle prossime politiche. Chiusi come codardi nel bunker, mentre fuori ci si prepara alle macerie elettorali, i partiti di Centrodestra non hanno trovato di meglio che far correre Parisi. Un manager che adesso ha un buon motivo per giustificare la vendita (o la chiusura) della sua azienda televisiva non certo in buonissime acque. Comunque vada per lui sarà un successo. Proprio come per Sala, da ieri un uomo più sereno.