L'Editoriale

Montesano sì. Lino Banfi no. La Sinistra non sa più ridere

Sulla nomina di Lino Banfi a rappresentante italiano all'Unesco

Ci pensino meglio gli osservatori politici che ci raccontano da mesi di un M5S in caduta libera, cannibalizzato dalla Lega e abbandonato dagli ultrà del No Tap, No Tav, No Vax e compagnia cantando. Appena portati a casa responsabilmente la Manovra e, a cascata, il Reddito di cittadinanza, è bastato che il Movimento riprendesse a cavalcare i suoi temi per riconquistare subito la scena politica, costringendo persino Matteo Salvini a inseguire nella polemica con Emmanuel Macron sulle responsabilità francesi nell’instabilità dell’Africa.

Certo, su più di un passaggio il Governo a trazione grillina è stato goffo, ma la novità del cambiamento che si porta dietro nella visione del mondo, della società e dell’economia non si è minimamente esaurita. E anzi, con la geniale designazione di Lino Banfi all’Unesco ci sprovincializza e riafferma il predominio dell’uomo qualunque – cioè del popolo – sulle élite dei competenti che poi così competenti molto spesso non sono. Naturalmente ieri i soliti sapientoni, soprattutto di Sinistra, si sono divertiti nel fare battute e denigrare la scelta di un attore comico per un ruolo di cui peraltro neppure conoscevano l’esistenza, dimenticando che proprio un comico come Beppe Grillo ha mandato in pensione generazioni di politici, e per di più senza il vitalizio.

Un quadro che in Italia si fatica ad accettare, mentre nel mondo attori e personaggi molto popolari hanno coperto ruoli che vanno dalla Presidenza degli Stati Uniti alla guida della California. Ma se alla stessa Sinistra italiana mancasse la memoria e la benzina per andare così lontano, allora basterebbe ricordare quando a dare le carte era il Pci, e con quella bandiera si fecero eleggere attori come Enrico Montesano per occupare poltrone ben più importanti di un simbolico strapuntino all’Unesco.

La verità è che la Sinistra italiana ormai da troppo tempo ha scelto i salotti, dove ha altro da fare che essere se stessa, lasciando ai Cinque Stelle un’azione della quale il Pd è oggi orfano per mancanza di idee, di leadership e di coerente osservazione della realtà. Il Movimento però non ha minimamente una connotazione ideologica, e dunque può spaziare in ogni direzione del buon senso, permettendosi l’incomparabile lusso del bambino che dice al re quanto sia brutto continuare a mostrarsi nudo.

Così si spiega l’assenza di timore reverenziale verso poteri che per non rispondere dei loro abusi tendono a ridicolizzare chi pone domande scomode. Una lesa maestà che personaggi minimi come il presidente francese Macron ha affrontato richiamando l’ambasciatore italiano a Parigi, invece di prendere atto che la generosissima politica dell’Eliseo in Africa ha contribuito a produrre quella povertà dalla quale milioni di persone fuggono talmente disperati da lasciarci spesso la pelle naufragando in mare.

Questa forza del Movimento, insieme al consenso della Lega di Salvini, in un equilibrio tra aspettative del Nord e del Sud del Paese, tra chi ce l’ha fatta e oggi produce e chi non ce l’ha fatta ancora e chiede solo di entrare nel circuito produttivo, sono il collante che fa del Governo Conte l’Esecutivo con il maggiore consenso oggi in Europa. Una forza persino più forte dell’asse franco-tedesco retto da due leader deboli e a fine corsa.