L'Editoriale

Perquisizioni e finte parentopoli. L’assedio ai Cinque Stelle è totale

Che errore chiamarla parentopoli. Ieri un presunto scoop giornalistico ha occupato per ore le prime pagine dei giornali online. Proprio mentre la Guardia di Finanza perquisiva il Campidoglio non faceva un bell’effetto scoprire che la sindaca Raggi ha assunto un altro consulente: la fidanzata di un assistente del capo Ufficio stampa dei Cinque in Senato, Rocco Casilino. La solita storia, dunque. La storia di sempre. Chi occupa posizioni di potere chiama a lavorare gli amici degli amici. Meglio se sono parenti. I casi scabrosi – dalle Asl alle Università, dagli enti locali alle società partecipate – non sono solo storie del passato. Fare però di tutta l’erba un fascio è quanto di più scorretto possa fare anche il sistema dell’informazione, che a furia di gridare al lupo! al Lupo! è diventato sempre meno credibile e incapace di fare indignare. Dopo aver visto i potenti della Prima e della sedicente seconda Repubblica omaggiare profumatamente i loro clienti e parenti ora abbiamo un assessore – e non un sindaco – che fa un contratto di consulenza part-time da sette (7) mila euro. Si parla quindi di un incarico da due soldi.

Due soldi o no, siccome sempre di soldi pubblici si tratta, andrebbe spiegato meglio a che serve questa spesa. Occorre perciò scendere nel dettaglio dell’incarico, proposto dall’assessore al traffico Linda Meleo. In realtà l’assessorato si chiama “della città in movimento”, ma per chi si sposta in auto in questi giorni prenatalizi a Roma è chiaro che si tratta di una burla, perché il nome più corretto sarebbe “della città paralizzata”. È evidente allora che a Roma serve personale che collabori con l’amministrazione per affrontare il problema. E dopo aver visto in passato consulenti cattedratici di fama mondiale, capace solo di ingarbugliare di più la viabilità, il fatto che i nuovi responsabili si organizzino piccoli staff non è solo legittimo, ma anche doveroso. Chi dice (o scrive) il contrario mente sapendo di mentire, pur non pentendosi perché ormai un certo giornalismo moderno è militanza politica grossolanamente mimetizzata.

STRUMENTALIZZAZIONE
Pietra dello scandalo nella vicenda non è però solo la consulenza, ma la scelta dello specifico consulente. Torniamo nel dettaglio e scopriamo che si tratta della signorina Alessandra Manzin, una professionista di certo senza titoli di studio inferiori al nuovo ministro dell’Istruzione. Anzi, la prescelta ha lavorato al Senato, al Formez, alla Regione Emilia Romagna e altre istituzioni pubbliche non certo di secondo piano. Che colpa ha allora la Manzin? È un’attivista Cinque Stelle e ha un ex fidanzato, tale Dario Adamo, che collabora al Senato con l’Ufficio stampa del Movimento. Un po’ poco per risultare “parente” all’anagrafe. E infatti parente non lo è di nessuno. In un sistema mediatico che ormai ha finito la cacca da gettare nel ventilatore persino l’ex fidanzamento con un collaboratore di Rocco Casalino (sì, proprio quello del Grande Fratello!) è però sufficiente. E la povera Manzin, fino a ieri costretta a fare i salti mortali per trovare un qualunque lavoro, si ritrova parente di… Una privilegiata insomma, così potente e raccomandata da farsi dare una consulenza da ben sette (7) mila euro.

GOGNA MEDIATICA
Il guaio di certi giornali – con in testa Repubblica che ieri ha tenuto a lungo la notizia fissa nell’apertura dell’edizione online – è che la ricerca di un certo sensazionalismo offende la capacità di pensiero dei lettori. E questo tentativo di gogna mediatica dei Cinque Stelle non è più occasionale. Beppe Grillo, sbagliando, ci ha fatto battaglie durissime, facendo anche lui di tutta l’erba un fascio, mischiando giornali seri con altri che lo sono meno. Senza i mezzi di chi ha potere sui giornaloni, il Movimento si è diretto sulla rete web, e ben gli ha fatto perché i giornaloni non li legge più nessuno mentre sui social network passiamo un po’ tutti sempre più tempo. La stampa però non è tutta una cosa, e basta l’esperienza di questo giornale, arrivato a quattro anni di pubblicazione mentre tanti altri sono caduti in quattro e quattr’otto, a dimostrarlo. Sullo sfondo di quello che è l’ennesimo tentativo di strumentalizzazione resta però un fatto serio. Un’amministrazione pubblica deve poter esercitare la propria funzione. Per questo la legge consente di assumere (a tempo) un certo numero di collaboratori. È chiaro che queste persone devono avere competenze e non essere ostili politicamente (problema non da poco per i Cinque Stelle al Comune di Roma, dove il personale è stato in gran parte assunto nei 18 anni di Rutelli e Veltroni sindaci). Se si vogliono giudicare sul loro operato, gli amministratori prima vanno fatti lavorare. Bloccarli con ogni mezzo, finte parentopoli comprese, serve a certa politica ma non certo ai cittadini.