L'Editoriale

Top manager per grazia ricevuta. La lotteria dei boiardi di Stato, uno spot contro il merito

Una volta ogni tre anni c’è un’estrazione della lotteria che regala milioni a un manipolo di manager privilegiati, chissà perché sono sempre gli stessi

Una volta ogni tre anni c’è un’estrazione della lotteria che regala milioni a un manipolo di privilegiati, chissà perché e chissà per come sempre gli stessi, a cui lo Stato non sa trovare di meglio per affidare la guida delle grandi imprese a partecipazione pubblica. In questa lotteria il merito non è mai stata la carta vincente, come certifica la condizione del nostro tessuto industriale. Buone relazioni con il principe di turno, lobby e coperture politiche contano invece molto di più. Persino con un Governo costretto a muovere meno pedine possibile per non esporre la maggioranza a ritorsioni parlamentari, stiamo arrivando alla presentazione delle liste dei Cda di Eni, Enel, Poste, Finmeccanica e compagnia in un delirio di pressioni e giochi di potere. Tanto che nella riconferma pressoché in blocco dei manager scelti all’ultimo giro da Renzi potrebbe inserirsi qualche novità. Si fa forte la voce dell’uscita di Caio in Poste, nonostante sia riuscito a quotare l’azienda in un mercato impossibile. In Enel invece è data sicura la conferma di Starace, che ha ridotto di niente il debito e con il suo manager Tamburi ha lasciato per giorni l’Abruzzo senza luce.

Di conferma si parla anche per l’Amministratore delegato dell’Eni, Descalzi, nonostante possa finire tra breve sotto processo per una complessa storia di corruzione internazionale. In Finmeccanica, ex colosso delle armi e tecnologia dove il numero uno uscente, Moretti, ha trovato tempo per il fondamentale cambio di nome in Leonardo, lo stesso manager sta cercando di salvare una poltrona da cui sarebbe dovuto schiodare dopo la condanna a sette anni sette per la strage alla stazione di Viareggio con 37 morti, di cui è stato giudicato responsabile nella sua precedente qualità di amministratore delle Ferrovie. Da settimane tutti i giornali – con il nostro compreso – si sono arrampicati per capire quali meriti avessero i candidati e quali punti di debolezza. Poi ieri sera spunta l’ipotesi che nel circo entri a sorpresa Alessandro Profumo, un signore che ha costruito quella stessa Unicredit costretta da diversi anni a questa parte a massacrare gli azionisti per pulire i conti dagli immensi crediti inesigibili, e poi è andato a guidare il Monte dei Paschi prendendolo in condizioni penose ma lasciandolo ancora peggio. Indimenticabile la mostruosa buona uscita che prese da Unicredit, ma ancora di più la promessa che con il suo aumento di capitale la banca di Rocca Salimbeni si sarebbe ripulita e tornata in pista. Qualcuno gli ha creduto e perso completamente l’investimento. Così vanno le cose in Italia, Paese dove senza la politica essere bravi è sinonimo di essere fessi. Il peggiore spot possibile contro la cultura del merito. E dire che basterebbe poco per selezionare i manager pubblici con criteri seri e trasparenti.