L'Editoriale

Una manovra a prova di divisioni

Davvero una mossa geniale questa dei leader del Pd: vederli passare dai caminetti alle cene con servitù è esattamente quello che aspettavano i loro ultimi eroici elettori per trasferirsi altrove. Un messaggio surreale per quell’Italia proletaria e di Sinistra che ha fame, e gli amati sapori di una volta li trova più facilmente sulla tavola di 5Stelle e Lega. Intanto da Palazzo Chigi al Ministero dell’Economia si lavora per presentare una manovra finanziaria molto diversa rispetto al passato, ma senza stravolgere gli impegni presi con l’Europa e i mercati. Un’impresa non facile, perché i soldi sono quelli che sono e la coperta è molto più corta rispetto agli anni scorsi. Le previsioni di crescita del Paese sono più basse rispetto a quando la Banca centrale di Mario Draghi aveva appena cominciato a comprare titoli del nostro debito pubblico per miliardi di euro al mese, e i precedenti governi hanno pure lasciato un sospeso da 15 miliardi, pena l’aumento dell’Iva. Su questa manovra del cambiamento lo storytelling del momento sui grandi giornali è quello di una guerra senza esclusione di colpi tra Di Maio e Salvini per trovare ognuno solo le risorse che servono alle promesse di bandire: il Reddito di cittadinanza del Movimento e la Flat tax del Carroccio. Un racconto forzato, se non malevolmente enfatizzato, perché M5S e Lega non hanno scelta che far partire entrambe le riforme, pena un allontanamento istantaneo dei rispettivi elettori, tra l’altro ormai a ridosso delle elezioni europee.

Dove si troveranno dunque i denari? Fare economia nel gigantesco corpaccione della spesa pubblica – una bestia da oltre 800 miliardi l’anno – non è facile ma nemmeno impossibile se si inizia a destinare le risorse prima alle grandi promesse elettorali, poi ai costi fissi necessari per far funzionare lo Stato e infine si arriva a tutte quelle contribuzioni – in molti casi non si sa più nemmeno concesse a chi – che impegnano quasi 150 miliardi.
Per capirci: far partire il Reddito di cittadinanza costa 10 miliardi mentre alzare a un livello minimamente dignitoso le pensioni minime blocca 3 miliardi. Questo non vuol dire, va ribadito , che presentare una manovra coraggiosa sia facile, ma chi dice che è impossibile mente sapendo di mentire.