Effetto tequila sul Letta messicano

di Fausto Cirillo

Prova a fare il pompiere Enrico Letta, che in queste ore preferisce restare concentrato sulla sua visita in Messico, cruciale per creare nuovi investimenti per le imprese italiane. Tagliando corto con i giornalisti che lo riportano alle tensioni e all’agenda convulsa della politica, il premier tenta di giocare la carta del mistero: «Da giovedì vi dico tutto». Sarà pure, ma certo al ritorno sarà costretto a sbattere con una realtà ben diversa da quella che cerca di accreditare all’estero. Basta d’altronde poco per rendersi conto che sembra di essere tornati improvvisamente ai vecchi e stanchi riti della Prima Repubblica. Quelli, per intenderci, che puntuali annunciavano una crisi di governo. Non serve granché provare a tranquillizzarsi con il miraggio di una squadra rafforzata dall’uscita dalla maggioranza di Forza Italia: la spinta propulsiva del suo esecutivo sembra infatti essersi esaurita. D’altronde sono giorni che gli italiani – già stremati dai continui stop and go in materia fiscale sulla casa – leggono ogni mattina sui giornali le parole “rimpasto”, verifica” e “vertici di maggioranza”. E sono settimane che a tenere banco sono soprattutto le sue scaramucce quotidiane con il leader del suo partito Matteo Renzi. «Il 2014 è per noi un anno fondamentale, dobbiamo superare ritardi e stanchezze del passato» ripete come un mantra da Città del Messico, dicendosi «ottimista che, anche grazie al ringiovanimento dei leader, riusciremo a risolvere i problemi e fare le riforme istituzionali». Dimentica che finora ben poche promesse è riuscito a mantenere, nonostante le sue furbe twittate (come sull’abolizione delle Province o del finanziamento pubblico ai partiti). E invita tutti di consolarsi con l’ennesima, vacua professione di ottimismo: «Il 2014 è il primo anno che non si apre con un’emergenza finanziaria e si parla di opportunità di riforme e crescita». Opportunità che vede solo lui, visto che l’Italia che dovrebbe uscire finalmente dalla crisi appare identica al Paese di cinque anni or sono. Più modestamente, al suo rientro non gli resterà che capire quanti remano nella sua stessa direzione. Da giovedì prossimo, dopo la direzione del Pd nel quale Renzi proverà ad avere carta bianca su legge elettorale e Job Act, proverà così a stringere i bulloni della maggioranza e a farle sottoscrivere quel patto per il 2014 che assomiglia sempre di a un’azione di mutuo soccorso per cercare di tenere in vita una legislatura ormai moribonda.