Emergenza buche a Roma, ecco perché servono i militari. Parla la mamma di Elena, 26enne morta sull’Ostiense: “Anche i cittadini nel loro piccolo possono fare tanto”

Elena Aubry è morta a maggio scorso in via Ostiense a causa delle buche

Emergenza buche a Roma, ecco perché servono i militari. Parla la mamma di Elena, 26enne morta sull’Ostiense: “Anche i cittadini nel loro piccolo possono fare tanto”

Elena Aubry aveva 26 anni. È morta a maggio scorso in via Ostiense a causa del cattivo stato del manto stradale capitolino. Quando Graziella Viviano, la mamma di Elena, ha saputo dell’incidente, è subito corsa lì, sul luogo dell’incidente. E quello che ha visto con gli occhi di mamma disperata è anche quello che ora la tiene viva, forte e battagliera: “Non si può morire così, a causa di buche e dossi”. Da allora Graziella porta avanti una battaglia di civiltà insieme a tanti altri cittadini, segnando e segnalando buche e dossi sulle strade di Roma. E finalmente le istituzioni, anche per merito della sua lodevole e instancabile battaglia, si sono interessate a questo dramma, silenzioso e sottotraccia.

Si vuole inviare l’esercito a Roma per le buche: c’è una tale emergenza?
“Assolutamente sì, è un’emergenza a tutti gli effetti. A Roma muore una persona ogni 48 ore: una strage. Certo non solo per le buche, ma sicuramente le buche e i dossi hanno una grossa responsabilità. Peraltro se non fosse urgente ora, le direi che basterebbe un’altra nevicata su Roma per renderlo non urgente, ma iper-urgente. È assolutamente opportuno intervenire”.

Quindi sì all’esercito per risolvere il problema buche?
“Le dico un’altra cosa per farle capire l’urgenza. Almeno fino all’ultima inchiesta realizzata da Le Iene, non è stato fatto nulla per risolvere il problema e assegnare un appalto specifico. Ancora non avevano organizzato le commissioni. Questo vuol dire che minimo ci vorrebbero dai due ai tre anni per assegnare l’appalto. Lei immagini che situazione andremmo ad avere se seguissimo il normale iter. L’urgenza è assoluta sia per tempi, dunque, che per costi: l’attivazione dell’esercito permetterebbe anche un grandissimo risparmio”.

Ma come si è arrivati a questa situazione. Voglio dire: di chi sono le responsabilità?
“Soprattutto dei predecessori di quest’amministrazione, ma anche dell’attuale, che ha preferito dedicarsi ad altre priorità. La responsabilità, in definitiva, c’è: ed è di chi non si è fatto carico della vita dei cittadini”.

Al di là dell’emergenza, come crede bisognerebbe affrontare il problema “strade” nell’ordinario?
“Decentrerei i poteri a livello municipale, così come si fa in tutte le più grandi città europee. Lascerei a livello centrale solo i compiti procedurali, ma darei ai municipi il compito di metter mano alle strade. Io sono un architetto: quando apri un cantiere c’è un responsabile per la sicurezza con nome e cognome. Se ogni municipio potesse gestire il territorio sarebbe molto più facile e diretto e i cittadini saprebbero a chi rivolgersi, invece che centralizzare tutto in una città come Roma. Così ci si perde in 10mila pieghe e pieghette della burocrazia”.

Lei ha dimostrato, però, che anche i cittadini possono dire e fare la loro.
“C’è una marea di volontariato a Roma. La battaglia condotta segnando le buche per Roma è servita almeno per tre ragioni”.

Quali?
“Innanzitutto il motivo più ovvio: evitare che si cada dentro una buca e che ci possa far male. Il secondo motivo: nel momento in cui tu segnali una buca, quella buca non è più una delle tante buche. L’amministrazione a quel punto non può far più finta di nulla. Il terzo motivo è il più importante: è la presa di coscienza civica di ognuno. La gente si è sentita chiamata in causa per risolvere il problema, non da meri osservatori bensì finalmente da persone attive. C’è un problema? Posso risolverlo perché la città è mia ed è mia competenza. Questa è vera educazione civica”.

Crede che qualcosa sia cambiato dopo la morte della sua Elena?
“Penso di sì. Elena ha fatto capire che il pericolo è sempre in agguato, che le persone possono morire di punto in bianco, che la vita ti blocca con una motivazione inaccettabile, com’è quella di una strada insicura. Le persone mi hanno dato moltissimo affetto e hanno cominciato a pensare e a fare attenzione alla sicurezza. Credo che, sì, le cose stiano cambiando”.