Emilia Romagna alle urne, i dem giocano da soli

di Antonio Acerbis

Il rischio, secondo gli ultimi sondaggi, è che l’astensione registrerà cifre record. Addirittura c’è chi parla di un 50% di affluenza, se non meno. E, per una regione come l’Emilia Romagna, è un segno palese che qualcosa non va. Soprattutto se si considera che nel 2010 il 68% degli elettori si recò al voto, mentre nel 2005 la percentuale volava addirittura al 77%. È questo l’unico pensiero di Stefano Bonaccini, candidato presidente del Partito Democratico. La sua vittoria infatti è cosa certa. Nonostante si arrivi al voto proprio a causa del passo indietro di Vasco Errani, in carica da quasi 15 anni e dimessosi a luglio dopo la condanna in secondo grado per falso ideologico nell’ambito dell’inchiesta Terremerse.

GLI SFIDANTI
Nessuno dei candidati, in una Regione tradizionalmente di centrosinistra, può infatti reggere il confronto. Comunque sia, a contendere il campo a Bonaccini, ci saranno il leghista sindaco di Bondeno Alan Fabbri, appoggiato da Fi e Fratelli d’Italia; Giulia Gibertoni, candidata col Movimento 5 Stelle; Alessandro Rondoni, Ncd e Udc; Maurizio Mazzanti, di “Liberi cittadini”, lista civica lanciata da ribelli emiliani del Movimento Cinque Stelle come Giovanni Favia; e Maria Cristina Quintavalla, di “L’Altra Emilia Romagna”, lista tutta a sinistra ispirata a Tsipras. Bonaccini, però, sa che nessuno può sfilargli la vittoria da sotto il naso. L’unico nemico è quello, come detto, dell’astensionismo. E non solo per ragioni fisiologiche, dato che conta il fatto che si tratti di un voto senza alcun traino nazionale, una circostanza che in altre regioni ha portato a un’affluenza di appena la metà degli aventi diritto. Pesa poi sul voto emiliano anche la “non contendibilità” storica della Regione, con la vittoria, da tutti data per praticamente certa, del candidato Pd.

L’INCHIESTA
Ci sono, però, anche altri fattori. Più profondi e più problematici. Sullo sfondo delle elezioni, infatti, l’inchiesta sulle spese pazze (41 consiglieri regionali uscenti su 50 indagati dalla procura con l’accusa di aver speso illecitamente i soldi dei rimborsi ai gruppi), i cui avvisi di fine indagine sono arrivati ad appena quindici giorni dal voto. Per tutti si ipotizza il reato di peculato, e c’è anche un caso di truffa. Lo stesso Bonaccini d’altronde, in un primo tempo indagato dai pm per circa 4mila euro spesi tra pranzi e benzina, è stato ascoltato dai magistrati in piena campagna per le primarie per spiegare la sua posizione, al punto che la stessa procura ha chiesto per lui l’archiviazione. Cosa invece che non è toccata ad altri due consiglieri uscenti e ricandidati del Pd, Antonio Mumolo e Luciano Vecchi, che si sono già recati in procura nei giorni scorsi per chiarire la loro posizione ai pm. Nonostante la pesante onta giunta a ridosso delle elezioni, però, la vittoria non pare essere in discussione. Anche perchè, forse, la coalizione del centrosinistra tiene dentro anche Sel che dovrebbe garantire anche i voti degli anti-renziani. Bonaccini, però, dovrà faticare e non poco per recuperare la fiducia ormai persa da parte di molti. Elettori e non.