Fallimenti dichiarati, sfratti e pignoramenti: aumenti record. In tre anni si registrano numeri drammatici che rispecchiano la paralisi dell’economia italiana

Fallimenti dichiarati, sfratti e pignoramenti si attestano in crescita vertiginosa. Un ulteriore riflesso della paralisi economica che si specchia negli studi notarili e in quelli degli avvocati. La crisi, checché se ne dica da Palazzo Chigi, è tutt’altro che in regressione, si incarna e prende forma concreta nei volti infossati di chi si trova oggi senza casa o che attende la solita giustizia a orologeria per conoscere il destino della propria istanza di fallimento. L’emergenza nel settore edile si acuisce. I prezzi delle case crollano, il comparto dei finanziamenti si lecca ancora le ferite che il blocco dell’economia italiana gli ha inferto. Internet ha aiutato ad assorbire il colpo, permettendo di porre i mutui più convenienti a confronto, aiutando i cittadini a individuare soluzioni di pagamento più adatte alle proprie possibilità. Ma la crisi ha continuato a fagocitare denaro, aziende, posti di lavoro e speranze.

Fallimenti dichiarati al +30%

I fallimenti dichiarati da parte del tribunale hanno registrato un incremento monumentale: dal 2011, le sentenze dichiarative di fallimento segnano un’impennata prossima al 30%, a cui si aggiunge un +21% relativo alle istanze presentate. Tradotto, significa che la percentuale di aziende in grado di evitare la sentenza negativa del tribunale si è sensibilmente ridotto. In tutto il 2014, i fallimenti dichiarati sono stati 1.091, a fronte di 3.285 ricorsi per dichiarazione di fallimento.

Sfratti per morosità al +46%

Ancora più drammatico il dato relativo agli sfratti per morosità. Dal 2011, essi sono aumentati quasi della metà, segnando un +46% su base triennale. La drammaticità della situazione può essere espressa solo parzialmente attraverso la fredda razionalità della statistica. +46% di sfratti per morosità significa migliaia di famiglie in più costrette ad abbandonare le proprie mura domestiche  perché impossibilitate a far fronte alle spese. Significa, depurando la trattazione da ogni stucchevole demagogia, che i diritti di base garantiti non sono più tali.

Aumentano le spese dei contenziosi

E se anche si volesse difendere il proprio e combattere per i propri diritti davanti a un giudice, servono soldi. Molti più soldi che in passato. Aumentano, infatti, le spese del contenzioso, gli oneri processuali diventano sempre più difficili da sostenere e impediscono alla giustizia di seguire il proprio decorso naturale. Quando il credito da tutelare risulta non particolarmente sostanzioso, l’interessato sceglie sempre più spesso di non procedere, evitando di sostenere ulteriori esborsi. Quelli sì, matematicamente certi.