Gaza sul filo del rasoio

Dalla Redazione

Alla fine se n’è accorto. L’Onu ha deciso di prendere in mano la situazione sulla crisi di Medioriente convocando ieri una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza, richiesta da palestinesi e paesi arabi e dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. “Gaza e’ sul filo del rasoio”, ha avvertito Ban, evocando il rischio che la situazione “sfugga a qualsiasi controllo”. Ban ha invitato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a dare dimostrazione di “moderazione” e ha denunciato “le perdite civili a Gaza”, pur senza condannare direttamente i raid israeliani.

L’offensiva aerea israeliana “Barriera protettiva” lanciata tre giorni fa contro Hamas in risposta al lancio di razzi da Gaza e’ costata la vita finora ad almeno 80 palestinesi nello stesso momento in cui a New York si svolgeva una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Tuttavia gli attacchi israeliani non sono riusciti a mettere fine al lancio di razzi da parte delle milizie di Hamas che hanno dato dimostrazione di forza raggiungendo la regione di Gerusalemme, Tel-Aviv, e Haifa. Netanyahu, sotto la pressione dell’opposizione interna, ha mosso i carri armati verso la striscia di Gaza.

SANGUE TRA HAMAS E ISRAELE PERES LANCIA L’ULTIMATUM

Di Marcello Di Napoli

Raid, sirene, esplosioni e morti. Si è svegliata così ieri mattina Israele dopo che gli allarmi hanno messo in allerta la popolazione sull’arrivo di missili sparati dalla Striscia di Gaza. E mentre proseguono i raid aerei il presidente israeliano Shimon Peres manda un ultimatum in risposta al costante lancio di razzi da parte dei militanti palestinesi: “Stop ai razzi da Gaza o inizieremo l’offensiva di terra”. Intanto tra lo Stato ebraico e Hamas c’è un continuo botta e risposta. Il sistema “Iron Dome” ha intercettato tutti e cinque i missili palestinesi diretti sull’area metropolitana; dall’inizio delle tensioni sui 225 sparati dalla Striscia ne sono stati distrutti 40. Sette di questi, nella giornata di ieri, sono stati lanciati verso la centrale nucleare israeliana di Dimona, nel deserto di Neghev, ma la centrale atomica non è stata colpita. Da una parte Hamas sostiene di aver reagito ai raid israeliani, dall’altra il primo ministro israelita Benjamin Netanyahu (il quale ha ordinato 160 attacchi nella Striscia di Gaza), sostiene che la loro sia una risposta al continuo lancio di razzi verso Israele.

Le violenze
Dall’inizio dell’operazione “Margine protettivo” sono stati effettuati 430 attacchi aerei che hanno provocato 25 morti, tra cui quattro uomini-rana palestinesi uccisi dai militari poco a nord della Striscia. Ben più grave per le possibili conseguenze, però, è stato il bombardamento da parte di Israele alla casa di Raed al-Attar, uno dei comandanti del braccio armato di Hamas e uno dei rapitori del caporale Ghilad Shalit. Nel nord della Striscia, invece, due esponenti locali della Jihad islamica sono rimasti uccisi nei bombardamenti israeliani. Molti gli edifici colpiti, fra cui due moschee della città di Khan Yunis, nel Sud. Nel frattempo Hamas ha celebrato gli attacchi sferrati contro Israele: l’infiltrazione in territorio israeliano di cinque uomini rana palestinesi presso il kibbutz di Zikim (Ashqelon) e il lancio di un potente missile verso Haifa, caduto poi più a Sud nella zona industriale di Hadera. “Questi attacchi”, ha rivelato Hamas, “sono avvenuti nel decimo giorno del Ramadan”. Una frase significativa in particolare per il popolo egiziano perché nello stesso giorno del mese di digiuno islamico, nel 1973, scattò la offensiva siro-egiziana contro Israele che diede l’inizio al conflitto noto anche come “Guerra del Kippur”.

Pareri contrastanti
A fronte dell’escalation di tensione e violenze, il presidente palestinese Abu Mazen, in un discorso in televisione ai palestinesi, ha detto di aver sentito le fazioni e i leader di Hamas a Gaza: “tutti hanno riferito di essere per la tregua e contro l’escalation di violenze. Dobbiamo fermare questo massacro, è un genocidio”. Tuttavia da Israele non sembrano della stessa idea. Tanto che pure il ministro dei trasporti e dirigente del Likud Israel Katz ha invitato il governo a proseguire con l’operazione militare. “Vanno dati all’esercito ordini chiari: rimuovere la minaccia dei missili e schiacciare la testa del serpente”, ha riferito il rappresentante dell’esecutivo di Netanyahu, aggiungendo che l’operazione sarà estesa fino a quando gli spari verso le città israelite non cesseranno.

I precedenti
Israele è consapevole che Hamas ha rafforzato la sua capacità offensiva. L’esercito, che ha richiamato oltre 40mila riservisti, ritiene sia in possesso ormai di 10mila razzi. Missili che, seppur in gran parte non sofisticati, potrebbero comunque causare gravi problemi alla popolazione israeliana, ma è anche vero che l’esercito ha i mezzi e la tecnologia per infliggere un durissimo colpo ad Hamas. Potrebbe anche distruggere il movimento islamico, accusato da Gerusalemme di essere uno sponsor del terrorismo, come ha più volte annunciato. I precedenti, tuttavia, non giocano a suo favore. Le ultime operazioni militari contro la Striscia non hanno sortito gli effetti desiderati. Quando lo ha fatto nel 2008, con l’operazione Piombo Fuso per rispondere ai continui lanci di razzi dei miliziani palestinesi, Hamas è poi risorta.