Germania, Francia, Spagna & C. Il Coronavirus torna a far paura. In Italia contagi più contenuti grazie al lockdown. E chi ha chiuso meno di noi ha perso più punti di Pil

L’Europa è alle prese con il coronavirus. Di nuovo. Sì, perché dati alla mano i numeri relativi ai contagi sono tornati a salire, in alcuni casi anche in maniera preoccupante. Il Belgio, tanto per cominciare, ha registrato un incremento degli infetti del 60 per cento solo nell’ultima settimana di luglio. La Francia parla di un “equilibrio fragile” e in Romania si viaggia su una media di oltre mille casi al giorno. In Italia, invece, la situazione sembra essere diversa. Almeno per il momento. Il Belpaese per settimane finito sulle prime pagine dei quotidiani internazionali, anche con tono canzonatorio e che per mesi è stato giudicato “incapace di gestire l’emergenza”, non ha abbassato la guardia.

A riprova ci sono i numeri contenuti ma, per gli esperti, da non sottovalutare. Il tema della prevenzione come arma per scongiurare un ritorno al lockdown è frequente nei ragionamenti degli esperti italiani: non escludono, infatti, l’ipotesi di una seconda ondata autunnale, ma confidano nell’efficacia delle misure precauzionali, che dovrebbero contenere i focolai. Fatto sta che la diversa situazione dell’Italia, secondo gli scienziati, è dovuta alle strategie di contenimento. Ed effettivamente gli altri paesi europei proprio in materia di prevenzione e contenimento si sono comportati diversamente. Certo è che l’Italia ha non poche preoccupazioni in questo momento. Leggasi crisi economica.

C’è da dire, però, che neanche gli altri Paesi se la stanno passando bene. Germania, Francia e Spagna sono le più grandi economie europee in grave recessione se pur con intensità e prospettive diverse quanto a velocità di uscita dalla crisi. I dati di Eurostat sono chiari: il Pil destagionalizzato è sceso del 12,1 per cento nell’area euro e dell’11,9 nell’Unione europea nel suo insieme, rispetto al trimestre precedente. Nel secondo trimestre dell’anno si registra per la Germania un -10,1 per cento, per la Francia -13,8, per l’Italia -12,4 e per la Spagna -18,5 per cento. Profondo rosso, dunque, anche se con intensità diverse, che deriva essenzialmente da come le singole economie si sono presentate alla prova della pandemia, da quali strumenti sono stati messi in campo per farvi fronte e dalle misure di contenimento adottate da marzo in poi.

Guardiamo la Francia. La seconda economia dell’eurozona ha avviato le misure restrittive per contrastare la diffusione dell’epidemia il 17 marzo. Fino all’11 maggio sono rimaste in vigore per poi essere progressivamente allentate. La contrazione del Pil è notevole. A subire più di altri gli effetti del lockdown sono stati il settore dei trasporti (-45,8 per cento). Anche i consumi pubblici sono calati: -8 per cento. Pesa anche l’andamento della domanda estera. A fronte di una flessione delle importazioni del 17,3 per cento, le esportazioni sono cadute del 25,5 per cento. Almeno 2,3 punti percentuali della contrazione complessiva sono quindi legati all’andamento del commercio estero, mentre la domanda interna ha contribuito per 12 punti percentuali alla flessione globale.

Sull’importanza dell’impegno da parte dei cittadini per contenere la diffusione del virus insiste il presidente francese Emmanuel Macron, che ha lanciato l’ennesimo appello per l’uso della mascherina che presto potrebbe diventare obbligatoria a Parigi. La capitale è, infatti, il terzo dipartimento per casi di Covid. Ma anche la Spagna non se la passa bene. Il Pil spagnolo è sceso infatti del 18,5 per cento nel secondo trimestre, dopo che nel primo era già sceso del 5,2 per cento. La battuta d’arresto per il Covid è stata molto dura in Spagna: in sole due settimane il calo dell’attività nel settore dei servizi ha raggiunto livelli del 50 per cento, riflesso della forte dipendenza dal turismo.