Governo in bilico, Letta chiede una verifica. Per il premier necessario chiarire prima del voto sulla decadenza del Cav. Altolà dal Quirinale: è assurdo evocare il colpo di Stato

Il governo torna a tremare per l’ennesima volta. Scricchiolano di nuovo le larghe intese e il premier Enrico Letta ha fatto sapere ai gruppi dei partiti che sostengono l’esecutivo che al suo rientro a Roma da New York è intenzionato a chiedere una immediata verifica di governo. “Dal Pdl un’umiliazione per tutto il Paese”, ha attaccato Letta, “domani incontrerò il presidente della Repubblica”. E prima ancora era intervenuto lo stesso Napolitano lanciando un duro avvertimento a Silvio Berlusconi: «E’ assurdo evocare il golpe. E’ inutile la pressione per far sciogliere le Camere”.

Nessuna riunione di maggioranza, nessun “caminetto da prima Repubblica”, ma una soluzione del momento di crisi che si è venuto a creare dopo le dimissioni in massa prima annunciate e poi firmate dai parlamentari Pdl “alla luce del sole”, nei “luoghi delle istituzioni”, e quindi prima in Consiglio dei ministri e poi eventualmente in Parlamento. Questo, secondo fonti di Governo, il percorso che intende seguire Enrico Letta al suo rientro dagli Stati Uniti. Il premier, impegnato a convincere Wall Street e gli investitori internazionali della stabilità dell’Italia, trova al suo ritorno un Pdl in trincea, fermamente convinto dell’attestato di stima espresso a Berlusconi e delle criticità costituzionali della retroattività della legge Severino per quel che riguarda la decadenza del Cavaliere. E se dal Colle è arrivato un primo stop a quello che Napolitano ha definito “un fatto politico inquietante” che “configurerebbe l’intento o produrrebbe l’effetto di colpire alla radice la funzionalità delle Camere”, spetta al presidente del Consiglio prendere ogni ulteriore decisione sul futuro del Governo e della strana maggioranza che lo sostiene. Una prima occasione di confronto verrà offerta dal Cdm previsto per domani pomeriggio alle 17. Sul tavolo, tra le altre cose, misure decisive come il provvedimento da attuare per rimettere in moto gli stabilimenti Riva acciaio, ma anche il tentativo di bloccare l’aumento per l’Iva previsto a partire dal 1 ottobre. La riunione, viene spiegato, potrebbe già essere decisiva per quel che riguarda il futuro dell’esecutivo, con i ministri in quota Pdl chiamati a scegliere – una volta per tutte – se essere ‘falchi’ o ‘colombe’. Chi lo ha sentito, racconta di un premier “imbufalito e stufo” di stare dietro ai continui cambi di atteggiamento nei confronti del Governo da parte di Silvio Berlusconi e del suo partito. Non dovesse bastare il Cdm a definire lo stato di salute delle larghe intese, la palla passerebbe al Parlamento. Anche se, spiegano fonti di palazzo Chigi, è “ancora presto per arrivare ad una calendarizzazione di una votazione in aula”.

L’altolà di Napolitano
“L’orientamento assunto ieri sera dall’assemblea dei gruppi parlamentari del Pdl non è stato formalizzato in un documento conclusivo reso pubblico e portato a conoscenza dei presidenti delle camere e del presidente della Repubblica”. Così si apre una durissima una nota il capo dello Stato Giorgio Napolitano sulla vicenda della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. “Ma non posso egualmente che definire inquietante – prosegue – l’annuncio di dimissioni in massa dal Parlamento, ovvero di dimissioni individuali, le sole presentabili, di tutti gli eletti nel Pdl. Ciò configurerebbe infatti l’intento, o produrrebbe l’effetto, di colpire alla radice la funzionalità delle Camere”.
“Non meno inquietante – aggiunge – sarebbe il proposito di compiere tale gesto al fine di esercitare un’estrema pressione sul Capo dello Stato per il più ravvicinato scioglimento delle Camere”. “C’è ancora tempo – continua Napolitano – e mi auguro se ne faccia buon uso, per trovare il modo di esprimere, se è questa la volontà dei parlamentari del Pdl, la loro vicinanza politica e umana al presidente del Pdl, senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni dei due rami del Parlamento. Non occorre poi neppure rilevare – si legge ancora – la gravità e assurdità dell’evocare un ‘colpo di Stato’ o una ‘operazione eversiva’ in atto contro il leader del Pdl. L’applicazione di una sentenza di condanna definitiva – conclude – inflitta secondo le norme del nostro ordinamento giuridico per fatti specifici di violazione della legge, è dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto in Europa, così come lo è la non interferenza del capo dello Stato o del primo ministro in decisioni indipendenti dell’autorità giudiziaria”.

Per il Pdl è un golpe
“L’opinione unanime espressa ieri sera dai parlamentari del Popolo della Libertà-Forza Italia è quella dell’esistenza di un’operazione persecutoria da parte di una corrente della magistratura, al fine di escludere definitivamente dalla competizione politica il leader del centrodestra, a cui si aggiunge il voto della Giunta per le elezioni del Senato con l’applicazione retroattiva della legge Severino”. Lo dichiarano in una nota congiunta i capigruppo del Pdl al Senato Renato Schifani, e alla Camera Renato Brunetta. “Questo voto – aggiungono – calpesta un principio fondamentale dello Stato di diritto, quello della ‘irretroattività delle leggi’, confermato dall’articolo 25 della nostra Costituzione e dall’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La definizione quindi di ‘colpo di Stato’ e di ‘operazione eversiva’ non è ‘inquietante’ ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile”. Per Daniela Santanché “Il Quirinale non è imparziale”.